Per il polo industriale del Sulcis urgono “soluzioni rapide”, che tengano conto dell’emergenza in cui “gran parte dei metalmeccanici del territorio” si trovano.
Urge anche “garantire un reddito che non impoverisca le tanti lavoratori attraverso un ammortizzatore sociale abbinato alla formazione per un periodo molto ristretto in cui si deve arrivare al nuovo rilancio industriale.
E’ quanto emerso nell’assemblea dei metalmeccanici questa mattina al Consorzio industriale di Portovesme nella quale Fiom, Fsm e Uilm hanno annunciato la volontà di mantenere alta l’attenzione non escludendo ulteriori iniziative.
Per il territorio, infatti, si tratta di settimane decisive per il destino dell’industria . Un’attesa alimentata con le visite dei ministri del Lavoro e del Mimit, dell’incontro odierno a Romacon la Regione, ma soprattutto in considerazione delle prossime convocazioni che segneranno i destini di Eurallumina (20 gennaio), SiderAlloys (30) e Portovesme srl (5 febbraio).
“Abbiamo assistito ad anni di sfruttamento del territorio, per poi arrivare a delocalizzazioni a favore di un maggior guadagno senza che ci sia alcuna crisi nella richiesta del primario prodotto – spiegano i sindacati – Vale per l’alluminio, come per il piombo e lo zinco, ma è valso nel passato per la lana di roccia. La mancanza di politica industriale ha portato alla crisi attuale e adesso occorre porre rimedio. La politica trovi gli strumenti affinché le cause che hanno determinato le chiusure si superino. L’arrivo del metano può rilanciare l’Eurallumina e se è vero il costo energetico manda in crisi il comparto legato alle produzioni della Glencore, si trovino le giuste contromisure. Si trovino soluzioni al phase-aut senza prevedere la chiusura dell’attuale centrale a carbone; come avvenuto in altre realtà”.
Infine su SiderAllos: “si faccia un sunto di questi lunghissimi sette anni di conduzione della fabbrica, in cui gli occupati sono costantemente in diminuzione. La fiducia nell’impresa ha raggiunto i minimi storici. Le cause attribuibili in primis ad una incapacità industriale ormai accertata, dall’assenza di un piano industriale credibile, dagli smantellamenti effettuati, che mettono in dubbio il futuro produttivo dello stabilimento, dei debiti accumulati e delle mancate retribuzioni alla forza lavoro”.