Con estrema preoccupazione abbiamo appreso che il Tavolo tecnico interministeriale promosso a maggio del 2024 dal Ministero della Salute e dal Ministero per le Pari opportunità e la famiglia con lo scopo di lavorare a «protocolli e linee guida per l’accesso ai percorsi di affermazione di genere delle giovani persone trans e non binarie» si starebbe per concludere con l’istituzione di un “Registro della disforia”, destinato a raccogliere i dati non solo dei minori in trattamento con bloccanti della pubertà, ma anche delle persone adulte che accedono a terapie ormonali. Un nuovo protocollo prevedrebbe la sottoposizione forzata a ben cinque visite psichiatriche per tutti gli adulti che si decidono di avviare percorsi di affermazione di genere.
Per questo, insieme ai colleghi Grimaldi e Piccolotti, abbiamo presentato un’interrogazione per chiedere ai Ministri Schillaci e Roccella chiarimenti in merito e come intendano tutelare i diritti fondamentali delle persone che intraprendono un percorso di affermazione di genere: se confermate, infatti, queste notizie ci catapulterebbero indietro di un decennio. Le linee guida internazionali promosse da WPATH, che riunisce professionisti, professioniste, ricercatori e ricercatrici che si occupano di incongruenza di genere, e il protocollo “Standards of Care” definiscono con precisione le indicazioni per assistere le persone trans* nel modo più adeguato per loro e per i loro percorsi.
La stessa dicitura “disforia di genere” riprende una retorica patologizzante nei confronti di una condizione della sessualità che la comunità scientifica internazionale non reputa affatto un disturbo clinico o una patologia mentale.
E ancora: il Registro nazionale si configurerebbe non come un semplice strumento di raccolta dati, ma come una banca centrale della varianza di genere, con tutti i rischi che questo comporta in termini di privacy, stigma e accessibilità alle cure. Il vincolo delle cinque visite psichiatriche obbligatorie sembra rispondere più alla volontà di rallentare e di fatto ostacolare i percorsi di affermazione di genere, che a una reale esigenza di cura. Intravvediamo un pericoloso controllo istituzionale su percorsi che, fino a oggi, hanno faticosamente cercato di emanciparsi dalla patologizzazione, percorsi che dovrebbero essere garantiti e tutelati e che oggi vengono messi a rischio da un Governo retrogrado e oscurantista.