L’esperienza da medico e da parroco nel quartiere popolare di Sant’Elia, ha sicuramente creato per entrambi un forte senso di appartenenza al quartiere. Siamo un osservatorio privilegiato dei sui bisogni e del suo disagio, ma in questo momento abbiamo una visione differente sulla chiusura del Mercato civico comunale di quartiere, destinato a centro Caritas.
La chiusura del Mercato civico, servizio pubblico e risorsa economica per gli operatori e per il quartiere, avrebbe dovuto generare la contrarietà nostra e di tutti quelli che hanno a cuore le sorti del quartiere.
L’ambitissimo Mercato civico, vicino a San Bartolomeo e fronte stadio, destinato ad attività commerciali e di ristorazione legate alle risorse del quartiere, ha chiuso i battenti. Le politiche comunali hanno privilegiato altre scelte e Sant’Elia perde una fonte economica indispensabile per il superamento della sofferenza sociale.
Il destino del Mercato civico, segnato da tempo, ricorda quello dell’ospedale Marino (ex hotel Esit) di Cagliari. Volutamente impoverito di risorse, con la mortificazione del personale, l’abbandono al degrado e finalmente lo smantellamento e il tanto ambito cambio d’uso da sanitario ad altro. I sardi hanno perso il grande ospedale ortopedico e con lo stesso sistema, Sant’Elia perde il suo mercato civico, una dimensione esistenziale dove sviluppare economia e relazioni.
La crisi demografica di Cagliari rischia di compromettere il futuro della città. Ciò impone un cambio di paradigma nelle scelte politiche per la città e ancor più per Sant’Elia, il quartiere a più alto indice di natalità, di disoccupazione e di assistenzialismo con tutte le sue implicazioni. Il popolato quartiere, dove passano vittorie e sconfitte elettorali, è condannato a non emanciparsi.
La sistemazione nel quartiere del Centro Caritas, seppur con il suo importante operato, è una scelta inopportuna e a rischio sociale per l’ulteriore concentrazione di disagio, di disuguaglianze e di nuove povertà. Questo contesto già fragile può generare nuove tensioni sociali e appetiti criminali. Fenomeni da contrastare puntando su trasformazioni sociali e nuove aggregazioni che migliorino la qualità della vita di tutte le componenti del quartiere.
Il Centro Caritas, con tutto ciò che ne consegue per il quartiere, sicuramente troverebbe un’idonea sistemazione in altre parti della città meno critiche da tutti i punti di vista.
Al direttore della Caritas, don Marco, con il quale ho condiviso, nella diversità dei ruoli e delle visioni, un’immensa esperienza umana a Sant’Elia, vorrei dire che è tempo che una nuova religione laica e umanistica si impegni a promuovere processi che consentano alle persone di essere parte attiva nella trasformazione della società, per superare le barriere dell’emarginazione e della marginalità. L’integrazione sociale fra tutti i cittadini non può prescindere dal diritto al lavoro, allo studio, alla casa, a una vita dignitosa e dall’essere parte attiva nella vita culturale e sociale.
Claudia Zuncheddu – ex medico di Sant’Elia

























