Venerdì 18 luglio, alle 20, il magistrato e scrittore Gianni Caria presenterà a Valledoria, in dialogo con Massimo Onofri, la sua nuova opera “Rosario va in pensione” (Il Maestrale), dedicata al giudice Rosario Livatino, ucciso nel 1990. L’evento, realizzato nell’ambito del festival letterario diffuso Éntula organizzato da Lìberos, si terrà nella località San Pietro a Mare. L’incontro sarà impreziosito dagli interventi di Elisabetta Fancellu e Ivo Pinna
Come sarebbe stata la vita del giudice Rosario Livatino se la Stidda, un’organizzazione criminale paramafiosa, nel 1990 non lo avesse ucciso a soli 38 anni? Gianni Caria, che lo ha conosciuto ad Agrigento poco tempo prima che venisse ucciso, ha provato a immaginare che Livatino sia scampato alla morte e si sia sposato: ne è nato l’atto unico “Rosario va in pensione”, edito da Il Maestrale, che l’autore presenterà nella località San Pietro a Mare a Valledoria venerdì 18 luglio alle 20 in conversazione con Massimo Onofri. L’incontro si arricchirà degli interventi di Elisabetta Fancellu e Ivo Pinna.
L’appuntamento è organizzato da Lìberos nell’ambito del festival Éntula con il sostegno del Comune di Valledoria e in collaborazione con la Scuola civica di musica Doria, la libreria Koinè Ubik di Sassari, i Centri Odontoiatrici Massaiu e Zarcle.
L’opera. Rosario Livatino fu ucciso il 21 settembre 1990, poco prima di compiere 38 anni, mentre a bordo della sua utilitaria percorreva come tutti i giorni la strada che collega Canicattì ad Agrigento, sede del Tribunale dove prestava servizio come magistrato. I sicari, tutti individuati e condannati, appartenevano alla Stidda, un’organizzazione criminale paramafiosa. A seguito di un’infelice espressione, che lo riguardava indirettamente, dell’allora Presidente della Repubblica Cossiga, Livatino è noto come il «giudice ragazzino» (da qui il titolo del saggio di Nando Dalla Chiesa e del film di Alessandro Di Robilant, con Giulio Scarpati). Nel 2021 è stato dichiarato beato; da allora la camicia da lui indossata quando fu ucciso è considerata una reliquia. Gianni Caria prestava servizio ad Agrigento come magistrato all’epoca dell’omicidio, e in questo suo atto unico immagina che Rosario sia scampato all’attentato, che si sia sposato e che abbia sempre vissuto a Roma, fino ad arrivare alla soglia della pensione. Lungo la finzione si affrontano temi come l’eroismo, il coraggio, la credibilità e l’inadeguatezza, la santità reale e quella equivocata, il pentimento sincero e quello di interesse, la giovinezza perduta e la malinconia per la sorte dei genitori; e in primo piano l’ingiustizia di non aver potuto conoscere l’amore. Il volume contiene in appendice un monologo che è stato interpretato da Giulio Scarpati nella manifestazione culturale Pensieri e parole, tenutasi all’Asinara nell’agosto del 2024.
Gianni Caria (Sassari, 1960), magistrato, è attualmente Sostituto procuratore della Repubblica di Sassari. Per Il Maestrale ha pubblicato il romanzo Sabbie (2023), preceduto da Il presidente addormentato (Bibliotheka, 2018) e dal libro di esordio La badante di Bucarest (Robin, 2012; Il Maestrale, 2024), già vincitore del Premio Giovani Lettori – Memorial Gaia di Manici Proietti (Perugia, 2013) e piazzatosi al secondo posto nel giudizio del Comitato di Lettura della XV Edizione del Premio Primo Romanzo Città di Cuneo (2012-13).






















