Affollatissima assemblea questa sera al Consiglio comunale di Uta, organizzata dal sindaco Giacomo Porcu sul trasferimento al carcere Ettore Scalas di 92 detenuti in regime di 41 bis e dunque per reati molto gravi, quasi tutti per mafia.
Sala gremita con decine di cittadini in piedi anche fuori dalla sala consigliare e con la presenza di moltissime autorità. Oltre alla presidente della Regione Alessandra Todde, erano presenti il vicepresidente del Consiglio regionale Giuseppe Frau, il sindaco di Cagliari e della Città metropolitana Massimo Zedda, il presidente dell’Ordine Matteo Pinna, la Garante regionale dei detenuti Irene Testa, e la dottoressa Maria Cristina Ornano, presidente del tribunale di Sorveglianza di Cagliari.
Proprio la dottoressa Ornano ha preso la parola per prima, illustrando i dati che dimostrano in modo lampante la illogicità dello spostamento: “A Uta il carcere è attivo da oltre 10 anni con risicate forze dell’ordine, fra detenuti e lavoratori circa mille persone su una popolazione di 9 mila anime; su 561 posti previsti ci sono 737 detenuti; se il rapporto detenuti rispetto ai residenti in media in Italia è 1 ogni 1.145 residenti, in Sardegna è 1 su 660 residenti; con 1253 detenuti non sardi; 93 in regime di 42 bis, che diventeranno 185: la Sardegna è la regione in Italia con più detenuti di questo tipo. Di cui nessuno sardo”, ha concluso tra l’incredulità e il disappunto della platea.
“Il ministro ci ha comunicato che manca solo un mese al trasferimento – ha esordito il sindaco Porcu – noi siamo qui tutti assieme con la richiesta della riapertura di un tavolo che veda protagoniste le istituzioni locali e chi amministra la giustizia che metta al centro la voce dei territori”, ha proposto il sindaco di Uta.
Nel suo intervento la presidente Alessandra Todde ha voluto iniziare ricapitolando gli avvenimenti: “Voglio ringraziare per l’opportunità di confrontarci anche sul percorso che la Regione ha fatto nel rispetto delle istituzioni”, ha esordito. “Abbiamo letto da articoli di stampa a giugno dello spostamento dei 92 detenuti al 41 bis a Uta, ci siamo attivati con due note al ministro Nordio per chiedere un incontro. Abbiamo insistito e lo abbiamo incontrato a settembre, incontro a cui ha partecipato anche l’avvocatura regionale. Il ministro concordò con noi tre cose: che non avrebbe portato avanti niente senza l’accordo con la Regione e quindi mi sembra grave sapere che ora dice che tutto è fatto. La seconda è un impegno sul problema delle risorse legato ai tribunali di sorveglianza e al personale penitenziario e la terza la condivisione della peculiarità della Sardegna che come Regione a statuto speciale si paga da sola la sanità e quindi anche i costi sanitari dei detenuti che ospita”, ha illustrato la presidente Todde.
“C’è quindi un tema di richiamo degli impegni presi, fatti con dichiarazioni congiunte con il ministro Nordio. La domanda che mi pongo è: mi posso fidare delle dichiarazioni di un ministro?”, ha chiesto la presidente.
“Il tema è poi anche l’impatto sull’economia che questa scelta porterà – ha continuato la presidente – io ero a Nuoro quando fu ospitato nel carcere il boss della camorra Cutolo e la città ebbe conseguenze negative sulle attività economiche e sull’impatto sociale. Il tema di dove mettere i detenuti è nazionale. Non vogliamo fare demagogia portando i sardi per protesta sotto il ministero a Roma, vogliamo che tutte le istituzioni lavorino in maniera condivisa”, ha proseguito Todde. “La vita delle persone non può cambiare a causa di decreti ministeriali che noi non vediamo. Io questo non lo accetto”, ha concluso tra gli applausi della cittadinanza presente.























