“Le dichiarazioni dell’Ammiraglio Cavo Dragone, capo del Comitato Militare della Nato, sugli attacchi preventivi alla Russia che la stessa Nato starebbe valutando, si inseriscono in quella escalation di messaggi bellicisti che i vertici militari e politici europei stanno lanciando da alcuni mesi, con un crescendo che è direttamente proporzionale all’avanzata russa sul fronte ucraino e alle ben note difficoltà ucraine che vanno dalla difficile situazione sul campo di battaglia al fronte interno aperto dalle vicende di corruzione che hanno coinvolto le personalità più vicine al Presidente Zelenski.
Fra i messaggi più chiari e diretti vanno menzionate le dichiarazioni del Capo di Stato Maggiore Francese Fabien Mandon che si è rivolto direttamente ai cittadini francesi, esortandoli a essere pronti a perdere i propri figli in una possibile/probabile guerra con la Russia, entro il 2030 e le frasi del cancelliere tedesco Mertz che ha annunciato la volontà di voler creare l’esercito più forte di Europa, attraverso grandi investimenti nella riconversione dell’industria verso il settore bellico e l’istituzione di una leva inizialmente volontaria che potrebbe divenire obbligatoria, se gli effettivi incorporati non fossero sufficienti.
In Italia il Ministro Crosetto è stato più prudente, rispetto a queste roboanti dichiarazioni ma ha comunque parlato di ripristino della leva, anche se su base volontaria, la politica ed i media devono fare i conti con un’opinione pubblica sempre più ostile all’impegno italiano sul fronte ucraino e gli esponenti politici di maggioranza alternano proclami di sostegno a Kiev a dichiarazioni che escludono l’invio di soldati italiani sul fronte, incalzati paradossalmente da esponenti dell’opposizione che proclamano la necessità di un supporto senza esitazioni alla continuazione della guerra alla Russia.
Questo è il clima che si respira in Europa, in un quadro globale che vede gli Usa di Trump impegnati su diversi fronti militari (Sud America, Medio Oriente) o economici/ potenzialmente militari nell’area Indo Pacifico, dove lo stesso Trump è intervenuto per chiedere al governo giapponese di smorzare i toni della polemica con la Cina che stava superando i livelli di guardia.
Come detto, più volte, gli Usa cercano di defilarsi dal conflitto ucraino, per scaricare gli effetti della sconfitta sui governi europei e più in generale dalla Nato in Europa, pur volendo mantenere il controllo sul dispositivo militare in Europa.
In questo contesto, è impossibile separare il dibattito su quello che potrebbe essere utile e necessario all’Italia in termini di gestione dall’apparato militare dalla realtà del presente, dove l’escalation bellica e la corsa al riarmo sembrano ormai una strada obbligata scelta non solo dalla Ue ma da tutto il blocco occidentale che si presenta allineato e coperto, dal punto di vista politico, con l’agenda scelta dagli Usa nel suo sforzo di mantenimento dell’egemonia e, di conseguenza, di limitazione della crescita del mondo multipolare.
L’unica scelta possibile, per chi voglia contrastare quell’agenda appena citata, è di mettere sabbia negli ingranaggi dell’apparato militare, opponendosi a qualsiasi allargamento della base delle Forze Armate, oltre che agli investimenti decisi dalla Ue e ripresi dai vari governi occidentali, nei rispettivi dispositivi di bilancio.
Come abbiamo scritto varie volte, esiste un fronte politico-culturale in Europa che si definisce sovranista che è tendenzialmente contrario all’escalation bellica contro la Russia ma che dipende in buona parte dall’agenza trumpiana e si trova quindi nella sua quasi totalità ad appoggiare l’azione di Israele, questo schieramento non sarà, a priori, contrario al rafforzamento della macchina militare che potrebbe essere sostenuta nel nome di un patriottismo certamente fuori luogo ma che può funzionare come bandiera per orientare una certa opinione pubblica, sensibile al tema.
È invece il momento per le scelte radicali e per il rifiuto in blocco di un’agenda che è comunque dettata, in ultima analisi dall’imperialismo americano che difficilmente accetterà senza colpo ferire la perdita dell’egemonia globale, un conto che la Storia è ormai orientata a presentare agli ormai quasi ex egemoni”, afferma in una nota sui social il movimento Terra dei Padri Movimento Eurasiatista.























