Non è stato un semplice concerto ma una serata di grande musica, cultura e solidarietà, che ha unito passato e presente nel segno in un atto di memoria collettiva.
In un teatro gremito i Bertas hanno celebrato sessant’anni di musica con un concerto- evento, organizzato in collaborazione con l’Orchestra Jazz della Sardegna (OJS) e realizzato con il sostegno del Comune di Sassari, trasformando il palco del Comunale di Sassari in uno spazio di racconto e condivisione per una serata intensa e partecipata che ha intrecciato la storia della band con quella di tre generazioni di sassaresi.
Prima dell’inizio del concerto sono intervenuti l’assessora alla Cultura Nicoletta Puggioni, il sindaco di Sassari Giuseppe Mascia e Don Gaetano Galia, presidente dell’Associazione Il Sogno, a cui è stato devoluto interamente l’incasso della serata. Gli interventi hanno sottolineato il valore culturale, sociale e solidale dell’iniziativa che ha visto collaborare tre realtà cittadine (Bertas, OJS e Il sogno) insignite negli ultimi anni del Candeliere d’oro.
La serata si è aperta con la prima sassarese del cortometraggio Una Faccia da Cinema, scritto e diretto da Alberto Salvucci. Un’opera che unisce racconto cinematografico e musica, alla cui realizzazione i Bertas hanno contribuito curandone anche la colonna sonora. Un momento introduttivo significativo, che ha creato un ponte naturale tra cinema e concerto, anticipando il clima narrativo ed emotivo dell’intera serata che è stata accompagnata da numerosi video dei Bertas proiettati sullo sfondo del palco.
E’ stato proprio il protagonista del cortometraggio l’attore Alessandro Gazale, perfettamente a suo agio nelle vesti di conduttore, a presentare il concerto, accompagnando il pubblico lungo il percorso musicale e contribuendo a renderlo fluido e coinvolgente.
Sul palco i Bertas: Enzo Paba, Mario Chessa, Marco Piras– affiancati dall’Orchestra Jazz della Sardegna diretta da Gavino Mele hanno dato vita a un racconto in musica condiviso con un pubblico numeroso e partecipe, che ha accompagnato ogni brano con lunghi applausi.
Fondamentale il contributo OJS, coprotagonista della serata, la big band sarda, che quest’anno festeggia 35 anni di attività, ha saputo dialogare con il repertorio storico dei Bertas attraverso arrangiamenti in chiave jazz firmati dal Maestro Gabriele Comeglio. Le riletture hanno valorizzato melodie e testi senza snaturarne l’identità, creando una sintonia perfetta tra band e orchestra in un equilibrio tra generi perfettamente riuscito.
La scaletta, articolata in più blocchi, ha attraversato la produzione dei Bertas proponendo e a volte mescolando in un ricordo unico epoche e stili intrecciando memoria personale dei membri del gruppo e memoria collettiva. Come è avvenuto con Cambia il mondo e Yes Man, fino a Sa vida est mama e A mio padre piaceva Pantani . “ I Bertas sono stati i primi a comprendere la musicalità e le potenzialità della lingua sarda – ha sottolineato Gazale – in contesti diversi da quelli tradizionali e iniziarono ad utilizzarla nei loro brani quando sembrava impensabile questa scelta nel pop e nel rock . Altro elemento caratteristico dei Bertas è quello dei cori sempre presenti nelle loro canzoni”. Anche nel concerto per i loro 60 anni ogni brano, oltre le voci dei tre Bertas è impreziosito dall’apporto delle bravissime coriste: Maria Rosaria Soro, Enrica Virdis, Rita Penduzzu, sul palco anche: Fabrizio Loriga, Gabriele Cau, Giuseppe Gadau. Nel corso della serata Enzo Paba, ha ricordato l’importante apporto, anche come autore dei testi, di un altro membro dei Bertas: Franco Castia.
Il secondo momento del concerto ha presentato La donna irreale, Segnore Deus e Comandante, brani che hanno evidenziato la profondità poetica e civile del repertorio dei Bertas.
Con Fatalità, Dondolo Como cheria e Lettera a Nanni Sulis il racconto intreccia i primissimi successi della band con una sorta di “rinascita” dei Bertas degli anni novanta, sino al finale, travolgente e corale con Speak up mambo, Cantare cantare cantare e l’acclamata Badde lontana.
La scaletta ha restituito il senso di un lungo viaggio artistico e umano, capace di attraversare tre generazioni e di restare ancora oggi attuale.
La luce di centinaia di telefonini ha illuminato il teatro Comunale durante il bis con il brano Santu Antine, in un abbraccio collettivo tra palco e platea.
























