Una favola nera, una moderna tragedia ambientata in Italia del secondo Novecento, tra la fine degli Anni Settanta e l’inizio degli Anni Ottanta, con “L’amore mio non muore” di e con Roberto Saviano, tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore e giornalista partenopeo, ispirato alla storia di Rossella Casini (edito da Einaudi Stile Libero), per la regia di Enrico Zaccheo, produzione Savà Produzioni Creative, in cartellone mercoledì 26 e giovedì 27 novembre alle 20.30 al Teatro Massimo di Cagliari per un nuovo duplice appuntamento con Pezzi Unici / rassegna trasversa organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna con il patrocinio e il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Autonoma della Sardegna e del Comune di Cagliari e con il contributo della Fondazione di Sardegna.
Sulla falsariga del libro, attraverso un attento lavoro di documentazione e ricerca, tra interviste e testimonianze, intercettazioni, inchieste giudiziarie con le relative sentenze, Roberto Saviano ricostruisce la vicenda drammatica di due giovani innamorati, «nati sotto una cattiva stella» come Giulietta e Romeo nella celebre tragedia di William Shakespeare e costretti a fare i conti con un destino crudele, vittime anch’essi dell’odio tra due “famiglie” e coinvolti nella spirale di sangue, tra lutti e vendette. Il romanzo, con una scrittura quasi cinematografica, inizia con un ritratto di Rossella Casini, fiorentina, studentessa universitaria iscritta alla Facoltà di Pedagogia, interessata alle scienze umane e in particolare alla psicologia: l’ideale inquadratura via via si allarga fino a comprendere l’appartamento in cui vive con la sua famiglia, la madre Clara e il padre Loredano, Nina, la sua amica del cuore e perfino alcuni abitanti della palazzina, oltre a zii e cugini che abitano sull’Isolotto. Un nitido affresco in cui spicca la figura della giovane donna, cresciuta in un ambiente armonioso e proiettata verso un radioso futuro: una creatura affascinante e complessa, con i suoi pensieri, i suoi segreti e le sue inquietudini, le sue ambizioni e i suoi sogni, travolta improvvisamente dall’amore, dopo l’incontro folgorante con un inquilino del primo piano, Francesco Frisina, uno studente in trasferta, di origini calabresi. Un coup de foudre che accende la mente e i sensi: la passione irrompe nelle loro esistenze e li trasforma, come afferma timidamente ma con salda certezza Francesco, in “una cosa sola”, e i due imparano lentamente a conoscersi, approfondendo giorno dopo giorno, istante dopo istante, un legame che parrebbe destinato a durare per tutta la vita – e perfino oltre, come nel film del 1913 diretto da Mario Caserini, scoperto per caso da Rossella, dove l’eroina interpretata da Lyda Borelli, diva del cinema muto, promette al suo principe, nell’ultimo abbraccio: «Ma l’amor mio non muore!».
«Ho deciso di scrivere questo romanzo per raccontare la storia d’amore più drammatica e potente in cui mi sia imbattuto» – afferma Roberto Saviano –. «Raccoglie tutti i colori dell’umano sentire: l’ingenuità e lo slancio, la devozione e l’ossessione, l’amicizia, il desiderio, il coraggio, la delusione, il fraintendimento, il tradimento, lo schifo e la tragedia. Eppure la certezza che proprio nell’amare risieda l’unica possibilità di verità e di senso non viene mai meno. L’amore non muore».
“L’amore mio non muore” è una pièce di teatro civile, uno spettacolo di teatro di narrazione, un tentativo di ristabilire la giustizia e la verità su un “giallo” ancora irrisolto, la scomparsa di una Rossella Casini, una giovane donna coraggiosa e determinata, forse temeraria, che ha osato sfidare la criminalità organizzata, attraverso prove e indizi, dichiarazioni contrastanti e logiche deduzioni, ma soprattutto a restituire un volto e una voce a un’innocente, vittima della ‘ndrangheta. Sotto i riflettori, in una sobria scenografia con pochi elementi, come un letto, un tavolo e una sedia a rappresentare gli spazi domestici, simbolo di una tranquilla normalità, Roberto Saviano porta in scena una vicenda emblematica, in cui affiorano i tratti inconfondibili di una mentalità criminale con sale radici nell’arcaica civiltà patriarcale, dove le donne – madri e mogli, figlie e sorelle – sono relegate in una posizione subordinata e di secondo piano, non è loro concessa libertà d’espressione e neppure (quasi) di pensiero, meno che mai il diritto di ribellarsi o infrangere il muro dell’omertà. Infatti Francesco Frisina, “’u principinu” come lo definiscono scherzosamente gli amici, è figlio di un ex contadino diventato amministratore di vaste tenute e quindi costretto a intrattenere rapporti d’affari e sudditanza con le potenti “famiglie” locali, in una regione dove è importante saper distinguere tra amici e nemici: non precisamente un membro della ‘ndrangheta, quindi, ma comunque inserito in un giro di “favori” in cambio di una “protezione” da indebite interferenze nella sua attività. Il suo segreto – che preferirebbe non dover mai rivelare alla donna amata – è quindi legato alle sue origini, nella Piana di Gioia Tauro: lo scontro tra la ‘ndrina dei Gallico, cui sono legati i genitori di Francesco e quella dei Condello, da sempre rivali, dopo un tentativo di estorsione culminato in una rissa e poi in un omicidio, fa riaffiorare quell’incubo a cui il giovane sperava forse di sfuggire, grazie alla lontananza e all’impegno degli studi universitari. Rossella Casini approda in quel microcosmo come una “straniera”, non ne comprende e soprattutto non ne condivide le regole non scritte su cui si fonda il potere dei clans e non può rassegnarsi davanti alle azioni efferate, e se per amore tenta di adeguarsi, fingendo di non vedere e sentire, illudendosi che la forza salvifica di quel sentimento possa bastare per interrompere la faida, quando l’infernale meccanismo trascina con sé inesorabilmente il fidanzato sceglie di ribellarsi e rompere il silenzio per ritornare alla “normalità” e ritrovarsi fuori da quel mondo distorto, di nuovo in seno alla civiltà.
Una “colpa” imperdonabile che paga al prezzo della sua stessa vita: «Il 22 febbraio 1981 Rossella Casini sparisce misteriosamente da Palmi dopo aver telefonato al padre e aver annunciato il suo rientro a Firenze» – ricorda Roberto Saviano –. «Nessuno la rivedrà più. Sebbene il suo corpo non sia stato ritrovato, è riconosciuta dallo Stato come vittima di ‘ndrangheta». La sua scomparsa rappresenta – oltre a un fallimento dello stato e della legalità, una ferita immedicabile per coloro che l’hanno conosciuta e amata, e perduta: “L’amore mio non muore” di Roberto Saviano è dedicato a lei, e come sottolinea l’autore «ogni pagina ricompone l’amore, / ogni pagina ripercorre l’orrore, / questa è la mia vendetta / per te».























