Nel conflitto del regime sanguinario israeliano contro i palestinesi, oltre alle decine di migliaia di morti a Gaza con la distruzione della Striscia, Israele ha causato vittime anche fra i giornalisti. A tenere i conti e a diffondere i dati è il Committee to Protect Journalists (Cpj), organizzazione nata nel 1981 per promuovere la libertà di stampa nel mondo, indipendente e non profit, con sede a New York.
La Cpj denuncia che complessivamente, nel 2024 sono stati uccisi 124 giornalisti in tutto il mondo e Israele è responsabile del 70% di queste morti, dichiara il Comitato, che rileva un aumento del 22% delle morti rispetto al 2023. Segno, il commento, dei “livelli crescenti di conflitto internazionale, disordini politici e criminalità in tutto il mondo”.
Andando nello specifico, il 2023 con due fronti bellici aperti, quello russo e quello ucraino, è stato l’anno in cui sono ovviamente caduti sul campo più giornalisti. Sul fronte israelo-palestinese sono stati 85 in totale, di cui 82 palestinesi. “Oggi è il momento più pericoloso per essere un giornalista nella storia del CPJ”, afferma l’amministratore delegato del gruppo, Jodie Ginsberg. “La guerra a Gaza non ha precedenti nel suo impatto sui giornalisti e dimostra un grave deterioramento delle norme globali sulla protezione dei reporter”. Particolarmente vulnerabili, poi i free-lance. E per il 2025 le previsioni sul numero dei morti sono ancora più nere: nelle prime settimane dell’anno sono morti già sei giornalisti.
Seguono in questa triste classifica del maggior numero di giornalisti e operatori dei media uccisi, Sudan e Pakistan che registrano sei giornalisti morti ciascuno. Non manca il Messico, Paese per il CPJ che presenta “difetti persistenti” e dove particolarmente difficile è la libertà di stampa e Haiti che versa in una situazione così disperata tanto che “le bande ora rivendicano apertamente la responsabilità dell’omicidio dei giornalisti”, afferma il rapporto. Myanmar, Mozambico, India e Iraq chiudono la lista.
























