Gaetano Pedullà, ex direttore della testata ‘La Notizia’, ha vinto la causa civile per diffamazione promossa da Fratelli d’Italia per un suo articolo del 28 ottobre 2020 che riferiva la condanna a 20 anni di un ex esponente FdI coinvolto in un’inchiesta sulla ‘ndrangheta in Emilia-Romagna. Il partito chiedeva 25mila euro di risarcimento. Il 4 luglio 2025 Tribunale di Roma ha respinto le accuse e ha condannato Fdl a pagare le spese legali. L’articolo era intitolato: “Fratelli d’Italia e di ‘ndrangheta. Venti anni all’ex uomo della Meloni. Così le ‘ndrine gestivano gli affari in Emilia-Romagna. Inflitte 42 condanne per 217 anni di reclusione”. Per il giudice Marco Giuliano Agozzino queste frasi e il titolo hanno rispettato i criteri di verità, pertinenza e interesse pubblico che fanno escludere la diffamazione.
A dare notizia della conclusione positiva della vicenda giudiziaria civile che lo riguarda, è stato lo stesso Gaetano Pedullà, oggi eurodeputato e vice capo-delegazione M5S al Parlamento europeo.
Secondo il giudice civile Marco Giuliano Agozzino, che ha prosciolto Pedullà dalle accuse contestategli dal segretario nazionale di FdI Carlo Roberto Mele, deve “escludersi che la pubblicazione contestata, e in particolare la sua intitolazione, presenti caratteri diffamatori (…) la notizia espressa nel corpo dell’articolo appare infatti sintetizzata nel titolo con espressioni ed accostamenti attentamente ponderati, laddove viene riassunta la vicenda di Giuseppe Caruso, ex iscritto a Fratelli d’Italia e condannato a venti anni per i fatti riportati”, scrive il giudice nelle motivazioni della sentenza. “L’inciso ‘Fratelli d’Italia e di ‘ndrangheta’, lungi dall’associare in modo malizioso e suggestivo il partito politico, viene utilizzato per qualificare uno dei protagonisti della vicenda [e] che tale sia il senso dell’espressione è confermato dall’inciso successivo, allorché l’autore aggiunge ‘…venti anni all’ex uomo della Meloni’, lasciando chiaramente intendere che l’accostamento fra Fratelli d’Italia e ‘ndrangheta non richiama il binomio partito politico/associazione mafiosa ma è da correlare ad una specifica persona fisica”. È quindi da escludere “che dall’intitolazione della pubblicazione possa trarsi l’idea di una generalizzata collusione tra Fratelli d’Italia e la ‘ndrangheta. E ciò deve affermarsi anche avendo in considerazione il lettore più frettoloso, giacché anche quest’ultimo non può ignorare l’area semantica dei vocaboli impiegati e la consequenzialità logica delle espressioni utilizzate”.
Gaetano Pedullà ha dichiarato a Ossigeno che la causa era “palesemente temeraria” ed è “solo l’ultima prova del metodo intimidatorio svolto dalla principale forza di governo verso un giornale, il suo direttore e i giornalisti”, e “rivela un preciso metodo di pressione sull’informazione libera. Poiché i fatti riportati dall’articolo erano assolutamente veri e incontrovertibili, il ricorso alla magistratura rientra in quei casi di azione temeraria che le normative europee sanzionano espressamente come violazioni gravi dello Stato di diritto. Tuttavia è stato necessario spendere soldi e tempo per difendersi, senza contare lo stress per un’azione mossa da chi esercita un così rilevante potere pubblico. Ringrazio pertanto mio fratello avv. Luca Pedullà, per avermi abilmente assistito. Nel mio nuovo ruolo di parlamentare europeo del Movimento 5 Stelle, continuerò a denunciare in ogni sede questa deriva autoritaria del nostro governo e della sua presidente Meloni”.























