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Presentata la Stagione Teatrale 2025-2026 “Emisfero Destro”: da ottobre a marzo a Sinnai

3 Ottobre 2025
in Cultura
Reading Time: 15 mins read
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Presentata la Stagione Teatrale 2025-2026 “Emisfero Destro”: da ottobre a marzo a Sinnai
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Viaggio sul filo delle storie e delle emozioni, tra ironia e dramma, realismo e poesia, con la Stagione Teatrale 2025-2026 “Emisfero Destro” organizzata da L’Effimero Meraviglioso al Teatro Civico di Sinnai – con la direzione artistica di Maria Assunta Calvisi e con il patrocinio e il sostegno della Regione Autonoma della Sardegna e del Comune di Sinnai. Un ricco e affascinante cartellone, con quindici spettacoli fra prosa, musica e danza (e un gustoso fuori programma), per raccontare la complessità e le molteplici sfaccettature dell’animo umano e il complicato gioco delle passioni attraverso i testi di autori contemporanei, affascinanti coreografie e canzoni, tra riletture di classici, cronache vere e fantastiche, storie di donne e ritratti d’artista.

Nell’epoca dell’intelligenza artificiale, il teatro insegna a “pensare con il cuore” per immedesimarsi nelle vicende dei personaggi, reali o inventati, evocate sul palco e ritrovare l’empatia verso i propri simili, senza pregiudizi né barriere ideologiche, politiche e culturali. Focus sulla nuova drammaturgia, con autori come Alessandro Benvenuti, che firma la commedia “Certi di Esistere”, per un divertente gioco metateatrale e Michael Frayn con “Scatole Cinesi” (versione italiana de “The Two of Us” con adattamento di Giuseppe Ligios) sulle catastrofiche (ed esilaranti) conseguenze di un invito a cena, mentre Marta Buchaca con “Rita” (Premio Federico Roda de Teatre 2019) propone una riflessione sul “lasciar andare” e sull’eutanasia e Fabio Pisano in “Celeste” (Primo Premio al Festival della Resistenza “Casa Cervi” 2021 e il Premio Fersen alla regia 2023) racconta le (tristi) imprese di Celeste di Porto, la Pantera Nera del ghetto. Tiziano Polese mette in scena la storia di “Johanna vedova Van Gogh”, Silvia Cattoi e Juri Piroddi affrontano il tema della sicurezza sul lavoro in “Ricordati di vivere / L’ultima udienza”, Sergio Vespertino con “Fiato di Madre” descrive il rapporto tra madri e figli oltre gli stereotipi sulla maternità, come l’“angelo del focolare”, Riccardo Massai si confronta con “Il Milione” di Marco Polo e Nicola Zavagli rievoca la figura del grande compositore ne “La cameriera di Puccini”.

Omaggio ad Amy Winehouse con “Io & Amy” di Paolo Putzu, con la voce di MaNuL (al secolo Manuela Loi), viaggio nell’universo femminile con “Anche in casa si possono provare emozioni forti” di e con Caterina Filograno, il tempo sospeso di un provino in “5 Minuti” di Mario Mascitelli, testimonianze e memorie delle battaglie Queer in “Riot Act” di Alexis Gregory, mentre la storia delle quattro cernitrici vittime del crollo di una galleria nella miniera di Genna Arenas a Buggerru rivive in “Quel mattino di marzo” di Nino Nonnis tra sogno e realtà.

Infine in “Anastasia” del Centro Studi Danza Arabesque, con le coreografie di Donatella Cabras, Giovanna Stancampiano e Alessandra Zucca, riaffiora dalle nebbie della rivoluzione russa la tragica figura di una principessa scomparsa accanto ala sua moderna “reincarnazione” tra mistificazione e follia.

E ancora “Femminile Plurale 2.0 plus” di Maurizio Anichini (fuori programma) per un tributo alle “grandi donne della storia”, intellettuali e artiste “dimenticate”, e alle loro eredi del futuro.

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La Stagione Teatrale 2025-2026 “Emisfero Destro” de L’Effimero Meraviglioso tocca temi importanti e di forte attualità, privilegiando la leggerezza della commedia ma affrontando anche la sfera intima delle emozioni e la crudeltà della vita, attraverso il linguaggio trasfigurato delle arti della scena, per offrire interessanti e preziosi spunti di riflessione sulla fragilità della condizione umana, come sui diritti civili e sulle responsabilità individuali.

Sotto i riflettori artisti e compagnie dell’Isola e della Penisola, dai padroni di casa – L’Effimero Meraviglioso – ad Abaco Teatro, Rossolevante, Teatro d’Inverno e Teatro del Segno, oltre al Centro Studi Danza Arabesque accanto ad Archetipo (Toscana), AriaTeatro (Trentino – Alto Adige), ArtistiAssociati / Centro di Produzione Teatrale – Gorizia (Friuli – Venezia Giulia), LiberaImago, Seven Cults (Lazio), Teatro del Cerchio (Emilia Romagna), Teatro di Sardegna in coproduzione con Teatro Stabile di Torino e Teatri di Bari, Teatro Agricantus (Sicilia), Teatri d’Imbarco (Toscana).  

IL CARTELLONE

Ouverture con brio – sabato 11 ottobre alle 20.30 e domenica 12 ottobre alle 19 – con “Certi di Esistere”, la nuova e brillante commedia scritta e diretta da Alessandro Benvenuti (affermato attore, autore e regista, un’intensa carriera fra teatro, cinema e televisione, dal trio dei Giancattivi a films come “Ad ovest di Paperino”, “Benvenuti in Casa Gori”, “Belle al bar” e “Ivo il tardivo” e serie tv come “Un colpo al cuore” e “I delitti del BarLume”) – produzione Seven Cults. La pièce, interpretata da Mario Focardi, Maddalena Rizzi, Maria Cristina Fioretti, Matteo Micheli, Bruno Governale e Roberto Zozurt, racconta di cinque attori vissuti all’ombra di un autore, che ha fatto in modo che i loro destini «nati sotto cattive stelle» grazie al suo talento «si ammantassero delle vesti dorate del successo». Un maestro e mentore che ha illuminato il loro cammino finché, inaspettatamente, dopo trent’anni si ritrovano tra le mani un nuovo testo «insulso, farraginoso, brutto in maniera inspiegabile, un boccone più che amaro intriso di puro veleno». Un dono indesiderato e insidioso, che li costringe a fare i conti con il passato, «in un turbinio di battute sarcastiche e dialoghi comicamente irriverenti», per cercare di comprendere a che punto si sia smarrita la giusta direzione, così da arrivare in quel vicolo cieco… in attesa (forse) di un ultimo coup de théâtre.

Focus su un tema delicato ed estremamente attuale – sabato 18 ottobre alle 20.30 – con “Rita” di Marta Buchaca, sulla difficoltà di “lasciare andare” coloro che amiamo, con Denis Fontanari e Monica Garavello, con luci e cover canzone iniziale di Iacopo Candela e oggetti di scena a cura di Federica Rigon e Davide Sorzato, per la regia di Alberto Giusta – produzione Ariateatro. Nella pièce la regista e drammaturga catalana racconta la crudeltà della perdita, la necessità di prendersi cura dei propri cari ma anche il rispetto della volontà e della dignità dei malati, il terribile dilemma e la responsabilità di una scelta di fronte all’inevitabilità della fine. Tra dialoghi brillanti e situazioni imprevedibili, Marta Buchaca «ci conduce in un microcosmo intimo fatto di silenzi, fragilità, non detti e della costante ricerca di un equilibrio instabile. Toni e Julia sono fratello e sorella: lui è impulsivo ed abituato a cercare scorciatoie mentre lei si sente insicura, restia a prendere decisioni definitive ma quando il veterinario suggerisce di sopprimere il cane di Toni i ruoli si ribaltano, lui si scopre vulnerabile mentre lei appare insolitamente determinata. Il confronto si fa più arduo quando la discussione coinvolge la madre dei protagonisti, facendo emergere tensioni a lungo sopite e mettendo in risalto l’importanza degli affetti e il ruolo della famiglia, ma anche l’incapacità – e forse l’impossibilità – di accettare la morte.

Una riflessione sulla sicurezza nel mondo del lavoro – sabato 25 ottobre alle 20.30 – con “Ricordati di vivere / L’ultima udienza”, uno spettacolo ideato e scritto da Silvia Cattoi e Juri Piroddi, anche protagonisti sulla scena con Daniel Dwerryhouse e Alessandro Congeddu, e ispirato a fatti di cronaca e ai libri di Sabatino De Sanctis, fra cui “Brain Priority” e “Le priorità del Cuore” – produzione Rossolevante. Un incidente mortale all’interno di una galleria in manutenzione – una storia inventata ma verosimile – diventa il fulcro di un immaginario processo, con tanto di giudice, pubblico ministero ed avvocato della difesa, testimoni e una giuria popolare formata da dodici persone, estratte a sorte fra il pubblico presente e chiamate «a usare Cuore e Cervello – cioè la propria Coscienza – per esprimere un giudizio, oltre ogni ragionevole dubbio». La pièce affronta un argomento di dolorosa attualità, a fronte del numero crescente di vittime di una guerra silenziosa, in cui colpevole trascuratezza, mancata osservanza delle norme e dei protocolli per garantire l’incolumità di operai e impiegati, e degli stessi dirigenti, nei luoghi di lavoro, turni prolungati e stress favoriscono il verificarsi di incidenti più o meno gravi e “morti bianche”. In Italia non mancano le leggi, quanto una cultura della sicurezza: “Ricordati di vivere” contiene un monito per le generazioni presenti e future, e un chiaro invito a non sottovalutare i rischi e non dimenticare le possibili conseguenze di un “errore umano” che può causare un’invalidità permanente o spezzare una vita.

Omaggio ad Amy Winehouse – sabato 8 novembre alle 20.30 – con “Io & Amy”, coinvolgente spettacolo-concerto ideato e scritto da Paolo Putzu e ispirato alla Regina del Soul Bianco, con Stefano Ledda e la cantante Manuela Loi (in arte MaNuL), e con Virgilio Atzori (basso), Pierpaolo Cardia (piano), Melania Lai e Letizia Demontis (cori) e la partecipazione del percussionista cubano Ernesto Lopez Maturell (con un’intensa carriera, dall’Orchestra di Piazza Vittorio alle collaborazioni con Enrico Rava, Alex Britti e Laura Pausini) – produzione Teatro del Segno e MaNuL Soul. Una preziosa antologia di canzoni s’intreccia al racconto di Paul, un batterista che ha avuto occasione di suonare con l’artista britannica, di ammirarne il talento e intuirne la vulnerabilità, per poi assistere alla folgorante ascesa di una stella della musica e alla sua tragica fine. Un intenso ritratto di Amy Winehouse attraverso lo sguardo di un turnista che, ammaliato da una voce straordinaria, ha riconosciuto un’anima ferita, circondata dai fantasmi, con la sua fame d’amore e avrebbe voluto salvarla, quella giovane donna, precipitata in una spirale di alcol e droga, così fragile e insieme così carismatica, autrice e interprete di brani indimenticabili. “Io & Amy” è «un viaggio nei solchi della memoria», un’occasione per riascoltare le melodie di “Frank”, il disco d’esordio e del fortunato “Back to Black” e ricordare un’artista che ha attraversato come una meteora incandescente l’universo pop, riuscendo a far vibrare le corde del cuore e incantare milioni di fans con le note struggenti e i testi spesso graffianti e amari delle sue canzoni.

Il “tempo sospeso” di un provino – sabato 15 novembre alle 20.30 – in “5 Minuti” di Mario Mascitelli, che firma anche la regia, con Mario Aroldi e Gabriella Carrozza (assistente alla regia Silvia Santospirito) – produzione Teatro del Cerchio: un uomo e una donna condividono l’ansia e l’attesa prima di un incontro decisivo per il proprio futuro. Una condizione sperimentata da «tutti quelli che almeno una volta nella vita hanno dovuto sostenere un provino per una parte a teatro, in un film, l’ammissione a un talent show o semplicemente un colloquio di lavoro»: una parentesi in cui tutto si ferma, mentre si affronta una sfida, un appuntamento con il destino. In quegli attimi cruciali «è come se si aprisse un varco, come se ci si trovasse di fronte a una sliding door che ti può cambiare la vita per sempre o anche solo per un periodo». In scena cinque sedie: un uomo entra, si prepara, ripassa, attende… poi arriva una donna, spaesata, resta in disparte, in silenzio. Un rito laico, che ciascuno affronta a modo suo, in solitudine, dopo una fase di studio, magari a casa, fra le mura domestiche, davanti a uno specchio, a una telecamera, a un telefonino… finché la barriera invisibile s’infrange, i due sconosciuti iniziano a comunicare, si raccontano, si fanno coraggio a vicenda. La stanza vuota che accoglie un’umanità disorientata, in preda all’inquietudine risuona ora di parole… in due scherzano, si mettono a nudo, rivelano sogni e delusioni, forse aspirano ad una catarsi… con un finale tutto da scoprire.

Un intenso ritratto al femminile – sabato 22 novembre alle 20.30 – con “Johanna vedova Van Gogh / Al di là dei colori” di Tiziano Polese, sulla storia della cognata del celebre pittore che si impegnò per far riconoscere il valore della sua arte, con Rosalba Piras, Tiziano Polese e Antonio Luciano, regia di Tiziano Polese – produzione Abaco Teatro. Johanna Gezina van Gogh-Bonger, moglie di Theo, il fratello minore di Vincent van Gogh, donna colta e amante delle arti, rimasta vedova con un figlio piccolo dopo la prematura scomparsa del marito, sei mesi dopo il suicidio del pittore, diventa la prima artefice del successo postumo del maestro olandese. «Lacerata dal dolore, ma animata da una determinazione incrollabile, Johanna decide di dedicare la sua vita a far conoscere il genio di Vincent al mondo: attraverso un racconto intimo e struggente, lo spettacolo ripercorre la sua lotta contro l’indifferenza del mercato dell’arte, le sue battaglie contro il pregiudizio» oltre al profondo affetto per i due uomini che hanno segnato la sua esistenza e la volontà di preservarne la memoria. Tra monologhi e lettere, emerge la personalità di una donna coraggiosa e intraprendente che avendo intuito lo straordinario talento di Vincent van Gogh, riuscì a far apprezzare le opere dell’allora misconosciuto pittore che avrebbe poi esercitato un’enorme influenza sulla storia dell’arte.

Un affascinante diario di viaggio – sabato 29 novembre alle 20.30 – con “Il Milione”, dal libro di Marco Polo, con adattamento e regia di Riccardo Massai, anche protagonista sulla scena con un avvincente monologo sulle meraviglie dell’Oriente e le esperienze alla corte di Kublai Khan del giovane veneziano – produzione Archetipo ETS. «Marco Polo è un astronauta del XIII secolo», un esploratore di mondi lontani e sconosciuti che attraverso il suo straordinario “reportage” ante litteram ha fatto scoprire agli europei le terre e le ricchezze dell’Asia. Nel carcere di San Giorgio, a Genova, Marco Polo ha dettato le sue memorie a un compagno di prigionia, lo scrittore Rustichello da Pisa: “Il Milione”, ovvero “Livre des merveilles du monde”, rappresenta anche un importante trattato geografico e storico, in cui l’autore rivela l’esistenza di una civiltà mongola raffinata ed evoluta. Un capolavoro della letteratura di viaggio diventa spettacolo, la narrazione parte dall’oggetto-libro, «la scenografia prende vita e consistenza fisica in scena, come i rilievi morfologici, le architetture orientali, le credenze e racconti esotici: gli spettatori entrano nel cerchio/cella e il viaggio/creazione di Marco Polo li rende liberi, finché l’esperienza è tutta davanti a loro ed il racconto in teatro, trasforma il sogno in realtà attraverso un messaggio di tolleranza e di ottimismo, di fiducia nell’uomo». “Il Milione” rende reale l’utopia della fratellanza.

Ironia in scena – domenica 7 dicembre alle 19 – con “Scatole Cinesi”, una scoppiettante commedia liberamente tratta da “The Two of Us” di Michael Frayn, con adattamento e regia di Giuseppe Ligios – produzione Teatro d’Inverno, che mostra come una tranquilla cena tra amici possa trasformarsi in una catastrofe se si sbaglia la lista degli invitati. Sotto i riflettori Antonello Foddis e Giovanni Trudu interpretano i vari personaggi, in un vertiginoso gioco delle parti, tra dialoghi intrecciati, dal momento in cui i padroni di casa intuiscono di aver commesso un errore fatale nel comporre l’elenco delle coppie, tra matrimoni, tradimenti e divorzi. Finiti i preparativi, con la tavola già apparecchiata, mentre attendono l’arrivo degli ospiti, i protagonisti si rendono conto dell’effetto che la presenza della persona sbagliata al momento sbagliato potrebbe avere sui commensali e cercano freneticamente di inventarsi un modo per rimediare alla gaffe involontaria… limitando i danni. “Scatole Cinesi”, con un perfetto meccanismo teatrale che esalta la comicità della situazione, in un esilarante crescendo, mette l’accento sulla complessità e i fragili equilibri delle relazioni, su un moderno “galateo” degli affetti e sulla difficoltà di ricostruire la rete delle amicizie dopo il trauma di una separazione. La piacevole serata si trasforma in un incubo, e un banale rito conviviale si trasforma in un rompicapo, nel tentativo di porre rimedio all’errore e scongiurare il disastro.

Viaggio nella storia del Novecento – venerdì 23 gennaio alle 20.30 – con “Celeste”, uno spettacolo di Fabio Pisano, con Francesca Borriero, Roberto Ingenito e Claudio Boschi, costumi di Rosario Martone, disegno luci di Paco Summonte e suggestioni sonore di Francesco Santagata (assistente alla regia Francesco Luongo) – produzione LiberaImago. La pièce è ispirata a Celeste di Porto, la Pantera Nera” del Ghetto di Roma, una giovane e bellissima ebrea che durante l’occupazione tedesca si trasforma in delatrice. Una pagina tragica del recente passato, con una “eroina” in negativo, una creatura quasi leggendaria, una vera femme fatale che indicava ai nazisti gli ebrei, donne, uomini, vecchi e bambini, in cambio di denaro. Una vicenda crudele, in qualche modo emblematica di tempi spietati di persecuzioni e deportazioni, di cui resta traccia nelle cronache dell’epoca e in alcune testimonianze. Tra le vittime della “spia di Kappler” il pugile Lazzaro Anticoli, detto Bucefalo, perito nell’eccidio delle Fosse Ardeatine, accanto a tanti altri che la Pantera Nera aveva salutato incontrandoli per la strada, segnando così il loro destino. Dopo la fine della guerra, Celeste di Porto, già rinnegata dalla sua famiglia, a parte la madre, e trasferitasi a Napoli sotto il falso nome di Stella Martinelli, viene riconosciuta, processata e condannata, per poi convertirsi alla fede cristiana e, uscita dal carcere, trovare rifugio in un monastero…

Una genealogia al femminile – sabato 31 gennaio alle 20.30 – con “Anche in casa si possono provare emozioni forti” di e con Caterina Filograno, che divide la scena con Gloria Busti, Francesca Porrini, Simona Senzacqua e Maria Grazia Sughi, fotografia di un moderno matriarcato incentrato sulla figura della nobildonna Maddalena Casto, circondata dalle amate nipoti Caterina e Rebecca, la saggia figlia Mina e la fragile Simonetta, a formare «un apparato familiare in cui le donne sanno bastare a se stesse e necessitano degli uomini per la sola procreazione» – produzione Teatro di Sardegna, Teatro Stabile di Torino / Teatro Nazionale e Teatri di Bari. Le protagoniste trascorrono gli inverni a Bari e le estati al Villino Tajani, un castello sul mare costruito dal capostipite Gabriele nel 1904, appena fuori dal porticciolo di Speronetta: qui la matriarca ha insediato il suo piccolo regno, su cui governa dal suo prezioso trono che rimanda ai fasti del Regno delle Due Sicilie. «Mi muovo tra le figure della mia famiglia e le osservo, come un’antropologa in uno zoo umano» – afferma Caterina Filograno –. «Attraverso questo racconto corale che si dipana tra cinque generazioni intendo rapportarmi al tema dell’ereditarietà… per esplorare il peso della genetica sulle nostre scelte e possibilità evolutive». “Anche in casa si possono provare emozioni forti” propone una riflessione sull’ambiente e le inclinazioni individuali, sulle radici e sulla capacità di reinventarsi e decidere la propria vita.

Una rivoluzione culturale tra passato e futuro – sabato 7 febbraio alle 20.30 – con “Riot Act” di Alexis Gregory, eclettico drammaturgo e performer britannico, che racconta l’universo Queer attraverso le testimonianze dei protagonisti, nella traduzione italiana di Enrico Luttmann, per un’intensa e coinvolgente prova d’attore di Massimo Di Michele (sua anche la regia) – produzione Artisti Associati / Centro di Produzione Teatrale – Gorizia. Il monologo teatrale attraversa sei decenni di storia, a partire dal racconto di uno degli ultimi superstiti della rivolta di Stonewall, che segna l’inizio del moderno movimento gay, accanto alle considerazioni di un’icona radicale del mondo drag nella Londra degli anni ’70 e di un attivista di ACT UP nella Londra degli anni ’90, in piena crisi dell’HIV/AIDS. “Riot Act” dà voce alle lotte che hanno plasmato la comunità LGBTQ+ e ricostruisce tre momenti cruciali nella battaglie per i diritti civili. Una pièce che descrive l’evoluzione della società e il superamento di antichi pregiudizi, mettendo in risalto le conquiste ottenute ma anche i progressi che si potrebbero (e dovrebbero) realizzare, per eliminare ingiustizie e discriminazioni e restituire a tutti i cittadini eguale dignità, al di là delle differenze di genere e degli orientamenti sessuali, riconoscendo a ciascuno/a la possibilità di essere se stesso/a e la libertà di amare.

Un emozionante racconto per quadri – sabato 28 febbraio alle 20.30 – con “Anastasia / Principessa o paziente?”, una creazione originale ispirata alla storia della granduchessa Anastasija Nikolaevna Romanova, figlia dello zar Nicola II, con coreografie di Donatella Cabras, Giovanna Stancampiano e Alessandra Zucca e regia di Giovanna Stancampiano – produzione Centro Studi Danza Arabesque. Una pièce di danza che intreccia il tragico destino di una famiglia travolta dalla rivoluzione russa e il “caso clinico” di una donna che afferma di essere l’aristocratica scomparsa, alimentando la leggenda, persuasa di essere l’unica superstite del massacro. Nella Russia zarista, ai primi del Novecento, la famiglia imperiale è impegnata in un picnic su uno yacht, ma l’atmosfera idilliaca s’infrange con l’annuncio dell’inizio della prima guerra mondiale e a causa di un incidente capitato al piccolo Aleksej. A distanza di due anni, mentre nel Palazzo d’Inverno si festeggia l’ingresso in società della giovane Anastasia, irrompono i bolscevichi che “giustizieranno” la famiglia Romanov. Qualche tempo dopo, in un ospedale di Berlino, Anna Anderson vive una vera crisi di identità, tra ricordi confusi, e afferma di essere la Granduchessa Anastasia, sopravvissuta all’eccidio. La vicenda di Anastasia ha colpito l’immaginario popolare ispirando varie opere cinematografiche oltre a un balletto di Kenneth MacMillan. E ora ritorna sulla scena, in una nuova, poetica versione a passo di danza, tra realtà e sogno, inganno o follia.

Sulle note dei capolavori del melodramma – domenica 8 marzo alle 19 – con “La cameriera di Puccini”, con drammaturgia e regia di Nicola Zavagli, nell’interpretazione di Beatrice Visibelli e Francois Meshreki per un inedito ritratto del grande compositore, tra celebri arie d’opera per soprano e pianoforte – produzione Teatri d’Imbarco. Un giovane giornalista si reca a Torre del Lago, per intervistare il maestro nella sua villa, ma s’imbatte invece nella cameriera, Marianna, che dopo averlo accolto con il fucile puntato, si addolcisce e regala al cronista (e al pubblico) «un ritratto intimo e inedito del musicista, attraversato da malinconie, passioni e amori». La pièce indaga la vita dell’artista, il suo lato più segreto, ma si sofferma anche sulle più famose eroine delle opere di Giacomo Puccini, alternando le confidenze di Marianna, che riguardano perfino il cupo mistero della tragica fine della giovane Doria Manfredi, oltre alla rivelazione dell’affetto materno della cameriera per il musicista, di cui conosce gusti e abitudini, interessi e frequentazioni (specialmente femminili). “La cameriera di Puccini” è quindi un viaggio nell’universo dell’autore di “Manon Lescaut”, “Tosca”, “La Bohème”, “Madama Butterfly” e “Turandot”, tra ricordi e aneddoti, ingenue indiscrezioni e dettagli del quotidiano, un’occasione per avvicinarsi alla sua vita e alla sua arte.

Il dialogo (in)interrotto tra madre e figlio – sabato 14 marzo alle 20.30 – in “Fiato di Madre”, uno spettacolo di e con Sergio Vespertino, accompagnato da Virginia Maiorana alla fisarmonica, per una riflessione su un tema universale, pur con innumerevoli declinazioni (e contraddizioni), come la certezza di legame profondo tra una donna e la sua creatura – produzione Teatro Agricantus. Nel suo monologo l’attore e autore siciliano evoca l’immagine di «una ragazza scapigliata e un po’ egoista che si è trasformata in “angelo del focolare”», per raccontare la maternità – ovvero «la seconda professione più vecchia del mondo» – con sensibilità contemporanea e oltre gli stereotipi, più come scelta che come semplice “istinto” naturale e vocazione squisitamente femminile. «La mamma è una sola… due non sarebbero compatibili con la sopravvivenza» – ricorda Sergio Vespertino, che con argute trovate comiche, tra variazioni sul tema e ragionamenti ingegnosi e carichi di ironia, «fa rivivere l’infanzia di ognuno di noi e i “microtraumi” che hanno accompagnato la nostra crescita grazie alle migliaia di raccomandazioni delle mamme». “Fiato di Madre” è una pièce divertente e coinvolgente, in cui è facile ritrovarsi e riconoscersi, tra le classiche diatribe familiari e i conflitti generazionali, l’obbedienza e lo spirito di rivolta, ma anche la forza e il calore dell’affetto materno, in bilico tra severità e dolcezza.

Una drammatica pagina della storia mineraria della Sardegna – sabato 28 marzo alle 20.30 – con “Quel mattino di marzo” di Nino Nonnis, con (in o.a.) Michela Cidu, Daniela Musiu, Carla Orrù e Annalisa Serri, con una evocativa colonna sonora, tra musiche di Paolo Fresu, Mauro Palmas, Corrado Aragoni, Fabrizio De Andrè, Gavino Murgia, gli Andhira, Maria Carta ed Elena Ledda, per la regia di Maria Assunta Calvisi – produzione L’Effimero Meraviglioso. La pièce ricostruisce, in chiave onirica, in una narrazione corale, la cronaca di un incidente ma anche le dure condizioni di lavoro e la vita quotidiana delle donne e degli uomini che trascorrevano le loro giornate nelle gallerie, per strappare alla terra i suoi tesori. In scena «quattro donne, quattro cernitrici: Anna Rosa, una ragazzina che ha lasciato da poco il gioco con le bambole; Laura, giovane sposa con un bambino in grembo che non vedrà mai la luce; Maria, madre di famiglia costretta a lavorare per dare un futuro ai suoi figli; Anna battagliera e determinata, alfiere dei diritti dei minatori»» – ricorda Maria Assunta Calvisi –. «In un mattino di marzo come tanti, uno scricchiolio, un rumore sordo che piano piano diventa assordante come un tuono, seppellisce per sempre i loro sogni, le loro speranze, le loro preoccupazioni, la loro amicizia». Nella pièce, le quattro protagoniste si ritrovano nell’anniversario della tragedia, in quella galleria della miniera di Genna Arenas a Buggerru, per «rievocare, anche in tono leggero e scherzoso, alcune vicende e ricordi delle loro vite, per rivivere ancora la loro morte. E poi tornare a perdersi» – conclude la regista –. «Un rito al quale sono inchiodate per sempre».

Fuori programma – sabato 21 febbraio alle 20.30 –- “Femminile Plurale 2.0 plus”, una commedia scritta e diretta da Maurizio Anichini con Enzo Viola, Manuela Anichini, Claudia Giannotti, Sara Lepori, Ester Murenu, Valeria Serra, Carla Calò, Ilaria Porcedda, Enrico Guggeri e con Maurizio Bizzarro (pianoforte) e Guendalina Anichini (voce) e la partecipazione di Andrea Morrone ed Alessandro Deiana, per un omaggio alle intellettuali, scienziate ed artiste del passato (e del futuro). Trotula de Ruggiero, medica e autrice del “De passionibus mulierum ante in et post partum” e probabilmente legata alla scuola salernitana, l’architetta e pittrice Plautilla Bricci e la giurista Bettisia Gozzadini, insegnante di diritto all’Alma Mater Studiorum di Bologna sono solo alcune tra le figure di spicco tra Medioevo ed Età Barocca. “Femminile Plurale 2.0 plus” racconta queste insigni personalità del passato, sulla falsariga delle ricerche di un giornalista, con una guida d’eccezione

Tags: Emisfero DestroL’Effimero MeravigliosoStagione Teatrale 2025-2026
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