Viaggio nei labirinti del cuore – tra ironia e dramma – con la Stagione di Prosa | Musica | Danza & Circo Contemporaneo 2025-2026 organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna al Teatro Costantino di Macomer con la direzione artistica di Valeria Ciabattoni e con il patrocinio ed il sostegno del MiC / Ministero della Cultura, della Regione Autonoma della Sardegna e del Comune di Macomer, con il contributo della Fondazione di Sardegna. Dodici titoli in cartellone da novembre a maggio con i grandi protagonisti della scena – da Ottavia Piccolo in “Matteotti / Anatomia di un fascismo” di Stefano Massini a Riccardo Polizzy Carbonelli e Marina Lorenzi (in coppia sul palco come nella vita) con “Un letto per due” di Tato Russo, Marco e Marianna Morandi, autori e interpreti della commedia “Benvenuti a Casa Morandi”, Luca Bizzarri, Enzo Paci ed Antonio Zavatteri, amici da sempre ne “Le nostre donne” di Éric Assous ed Antonio Cornacchione con il suo “D.E.O. ex Machina” sulla nascita del primo “calcolatore da tavolo” negli Anni Cinquanta grazie a un’intuizione di Adriano Olivetti. Riflettori puntati su Valentino Mannias (Premio Ubu 2024, nel cast de “Il Mostro” di Stefano Sollima su Netflix) con il suo “Hamlet in Purple”, dalla tragedia shakespeariana e su Sara Donzelli e Sergio Sgrilli, in “Nives / Una telefonata lunga una vita” dal romanzo di Sacha Naspini; il fascino della musica gospel con il concerto di David Wright & The NY Fellowship Choir; e la ricca temperie culturale nella Penisola Iberica e nel Regno delle Indie tra XVI e XVII secolo nelle “Storie Spagnole del Siglo de Oro” con il maestro Alberto Sanna e l’Ensemble Dolci Accenti. Focus sui capolavori della storia della danza, riletti in chiave contemporanea, con “Coppélia” del Balletto di Roma nella versione di Fabrizio Monteverde, con i giovani ballerini della Junior Company, tra le avventure di una bambola meccanica e la forza salvifica dell’amore e “Sogno di una notte di mezza estate” di COB / Compagnia Opus Ballet, con coreografia di Davide Bombana, tra le vicende dei giovani innamorati e la feroce rivalità tra Oberon e Titania, «re e regina del mondo dell’allucinazione». E tutta la magia del nouveau cirque con “The Barnard Loop” di DispensaBarzotti (vincitore di Odiolestate 2018 (Carrozzerie | n.o.t. – Roma) e finalista di In-Box Blu 2024), uno spettacolo ideato e scritto da Alessandra Ventrella (sua la regia) e Rocco Manfredi e interpretato da Jacopo Maria Bianchini e Rocco Manfredi, sulle notte inquieta di un uomo, smarrito di fronte all’immensità del cosmo, per il divertimento di grandi e piccini.
Una programmazione interessante e variegata – tra moderne commedie come “Un letto per due” di Tato Russo, per una riflessione sul matrimonio e “Le nostre donne” di Éric Assous, con tre uomini alle prese con successi professionali e fallimenti sentimentali accanto a “Benvenuti a Casa Morandi”, sui ricordi di un’infanzia “da copertina”, tra i flash dei fotografi e i set televisivi e cinematografici, e un avvincente monologo come “D.E.O. ex Machina” di e con Antonio Cornacchione, per un affresco dell’Italia del dopoguerra, tra avanguardie tecnologiche e imprenditori illuminati. Il dilemma del Principe di Danimarca rivive in “Hamlet in Purple” di e con Valentino Mannias, per un’intensa prova d’attore, con musiche di Luca Spanu, dove l’erede al trono si confronta con intrighi di corte e delitti, in bilico tra amore e vendetta, azione e filosofia; un intrigante “dialogo a distanza” con “Nives / Una telefonata lunga una vita”, un progetto teatrale di Giorgio Zorcù, per il bilancio di un’esistenza tra ricordi e rimpianti. Una pagina tragica del Novecento in “Matteotti / Anatomia di un fascismo” di Stefano Massini, una pièce di teatro civile in cui Ottavia Piccolo rievoca la figura del deputato socialista rapito ed assassinano dalle camicie nere e la sua strenua lotta in difesa della democrazia, e il complicato gioco delle passioni rappresentato attraverso il linguaggio evocativo e simbolico della danza in “Coppélia” del Balletto di Roma, dal racconto di ETA Hoffmann e l’incanto del “Sogno di una notte di mezza estate” di COB / Compagnia Opus Ballet, ispirato alla celebre commedia di William Shakespeare, per un onirico e fantastico racconto per quadri. Le note travolgenti del gospel, con The NY Fellowship Choir, celebre ensemble fondato dal reverendo Timothy Wright (vincitore di due Grammy Awards e sette Stellar Awards), diretto da David Wright, con un repertorio che spazia fra tradizione ed innovazione, ed i capolavori della musica rinascimentale e barocca con le “Storie Spagnole del Siglo de Oro” del violinista e musicologo Alberto Sanna, accompagnato dall’Ensemble Dolci Accenti e infine lo spettacolare “The Barnard Loop”, dove le arti circensi si sposano al teatro e alla musica, in una performance acrobatica e visionaria, tra fantasia e realtà, vita e sogno.
La Stagione di Prosa | Musica | Danza & Circo Contemporaneo 2025-2026 affronta temi importanti ed attuali, riflessione politica ed immaginario poetico: un cartellone pensato per un pubblico colto ed attento, amante dei classici e curioso delle novità, che spazia dal teatro elisabettiano nel segno di William Shakespeare alla commedia francese contemporanea con Éric Assous (Premio Molière 2010 e 2015 e Grand Prix du Théâtre de l’Académie Française 2014), con una particolare attenzione alla nuova drammaturgia e agli autori italiani – da Stefano Massini (vincitore di cinque Tony Awards con la “Lehman Trilogy”) all’attore, commediografo e regista partenopeo Tato Russo, da Pino Quartullo (che firma la drammaturgia – insieme a Marianna e Marco Morandi, ed a Elisabetta Tulli – oltre alla regia, di “Benvenuti a Casa Morandi”) ad Antonio Cornacchione, attore e comico, ma anche fumettista e autore teatrale e Valentino Mannias, giovane e talentuoso attore e autore isolano (Premio Hystrio alla vocazione 2015 e Premio Ubu 2024 come miglior attore under 35). Una dimensione fortemente autorale anche per la danza, con le creazioni di coreografi come Fabrizio Monteverde e Davide Bombana e il fascino e la poesia del nouveau cirque con “The Barnard Loop” di DispensaBarzotti.
IL CARTELLONE
Il sipario si apre – sabato 22 novembre alle 20.30 – su “D.E.O. ex Macchina / Olivetti, un’occasione scippata” di e con l’attore e comico Antonio Cornacchione, che racconta un’epoca in cui l’industria italiana era all’avanguardia in settori come l’informatica e la chimica, grazie ad imprenditori illuminati come Adriano Olivetti. Un affresco del Belpaese negli Anni Cinquanta, in pieno boom economico, tra sogni e speranze di rinascita: “D.E.O. ex Macchina”, originale e coinvolgente monologo scritto ed interpretato da Antonio Cornacchione, con la collaborazione ai testi di Massimo Cirri e scenografia e video-mapping a cura di Alessandro Nidi, per la regia di Giampiero Solari (produzione Amicor Sas) parla della nascita del Centro di Ricerca Elettronica a Barbaricina, vicino a Pisa, dove sotto la guida dell’ingegner Mario Tchou avrebbero visto la luce il calcolatore Elea 9001 e «il primo calcolatore da tavolo al mondo, la P101 chiamata affettuosamente Perottina dal nome del suo inventore Pier Giorgio Perotto». Volto noto del piccolo schermo, dalle apparizioni al Maurizio Costanzo Show a Zelig Off, Crozza Italia e Che tempo che fa, Antonio Cornacchione, già sceneggiatore di fumetti, dà prova di uno spiccato talento per la comicità e la satira allo Zelig di Milano, per approdare in tv e al cinema e finalmente in teatro, in “Tel chi el telùn” con Aldo, Giovanni e Giacomo ed il “Circo di Paolo Rossi”, fino alle commedie “Ieri è un altro giorno” di Silvain Meyniac e Jean François Cros, e “Basta Poco”, e porta ora in scena le sue “memorie di un impiegato” in “D.E.O. ex Macchina”.
Una tragedia elisabettiana – mercoledì 10 dicembre alle 20.30 – con “Hamlet in Purple”, uno spettacolo di Valentino Mannias, protagonista sulla scena con il polistrumentista e compositore Luca Spanu, per una originale rilettura de “The Tragedy of Hamlet, Prince of Denmark” di William Shakespeare, in cui si intrecciano recitazione e teatro di figura in un avvincente gioco di specchi tra arte e vita. “Hamlet in Purple” (produzione Valentino Mannias e Bluemotion) con le marionette de Is Mascareddas (Premio Ubu alla carriera 2023), musiche di Luca Spanu e interventi vocali di Emanuela Orrù e Federica Orrù, disegno luci di Andrea Gallo, foto di scena di Dietrich Steinmetz, rievoca trama e personaggi del celebre dramma, che sembrano materializzarsi come per incanto, riaffiorando dalla memoria, così da far rivivere ancora una volta la storia del principe danese. Un’intensa prova d’attore per Valentino Mannias (Premio Hystrio alla vocazione 2015 e Premio Ubu 2024 come miglior attore/performer under 35) che firma traduzione, drammaturgia e regia della pièce, in cui presta voce e corpo ad Amleto, «strozzato dai mille soprusi, incapace di fermare una guerra, inetto ad amare» e di volta in volta alla madre, la Regina Gertrude e al di lei cognato e novello sposo, il Re Claudio, fratricida e usurpatore del trono, alla dolce Ofelia e all’intrigante Polonio come agli infidi Rosencrantz e Guildenstern e all’amico Orazio. “Hamlet in Purple” racconta il dilemma di un moderno antieroe, tormentato dai dubbi e circondato dai “fantasmi”, in una storia emblematica, un omaggio al teatro fra realtà e illusione, amore e follia.
L’energia travolgente della musica gospel – martedì 23 dicembre alle 20.30 – con il concerto di David Wright & The NY Fellowship Choir: sul palco l’affiatato ensemble vocale e strumentale che comprende oltre ai cantanti un pianoforte, con basso e batteria, per una preziosa antologia di inni sacri, tra assoli vertiginosi e potenti armonie, in uno stile che fonde le note ispirate degli antichi spirituals con le metriche suggestive del soul e del rhythm and blues, fra tradizione e contemporaneità. The New York Fellowship Choir, fondato nel 1993 dal reverendo Timothy Wright, definito il Godfather of Gospel, padre di David, e composto da artisti provenienti da tutta la città, come Hezekiah Walker & the Love Fellowship Choir, James Hall and Worship & Praise e Ronnie Felder & the Voices of Inspiration, ha ottenuto riconoscimenti prestigiosi, tra cui due Grammy Awards e sette Stellar Awards. Sotto la guida di David Wright, che ha raccolto l’importante eredità paterna, The NY Fellowship Choir prosegue la sua attività con concerti e tournées negli Stati Uniti e nel mondo, oltre alle incisioni discografiche, tra cui gli albums “Clap Your Hands”, “Next Generation” e “Miracles”. Le radici afroamericane si fondono alle sonorità contemporanee, dando vita a canzoni originali e performances coinvolgenti: The NY Fellowship Choir propone un repertorio che unisce il fascino della black music a un profondo sentimento religioso e alla gioia di vivere, creando un’atmosfera intensa e toccante e trasmettendo così, attraverso le melodie, un messaggio di fede e speranza.
Cronaca di una notte inquieta – mercoledì 21 gennaio alle 20.30 – con “The Barnard Loop”, un incantevole spettacolo di nouveau cirque, ideato e scritto da Alessandra Ventrella (che firma anche disegno luci e regia) e Rocco Manfredi, con scene di Rocco Manfredi e Paolo Romanini, sound design di Dario Andreoli, supporto logistico di Cie Les Karnavires – produzione DispensaBarzotti. Sul palco Jacopo Maria Bianchini e Rocco Manfredi, per un immaginifico racconto tra una caffettiera inesauribile, oggetti che appaiono o si animano, mentre il protagonista si smarrisce nell’incertezza, nel dubbio di essere una infinitesimale particella del cosmo: una moderna favola (fanta)scientifica ovvero la storia un uomo in cerca della sua identità e del significato dell’esistenza, davanti all’infinito. “The Barnard Loop” (progetto vincitore del concorso Odiolestate 2018, Carrozzerie | n.o.t, Roma – menzione speciale al festival Tendenza Clown 2019, Milano) – con un titolo che rimanda all’omonima nebulosa nella costellazione di Orione – tratta con delicatezza «la paura di essere un nessuno che nulla sa con certezza, la sensazione di essere un piccolo punto nell’immensità dell’universo». Barnard è «un personaggio perennemente indeciso, stralunato e maldestro», che si rivela in tutta la sua fragilità», con i suoi pensieri, i suoi timori, le sue ossessioni in un susseguirsi di situazioni surreali, ai confini tra fantasia e realtà. “The Barnard Loop” è un omaggio al mistero, a tutto ciò che può sorprendere, alla materia inesplicabile e spesso inestricabile dei sogni, come riflesso dei turbamenti e delle ansie del quotidiano, in una sorta di percorso interiore, «una traversata onirica di stati fisici e mentali… verso un’illusione senza fine».
Cronaca di un delitto – venerdì 6 febbraio alle 20.30 – con “Matteotti – Anatomia di un fascismo” di Stefano Massini, con Ottavia Piccolo ed I Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo, musiche di Enrico Fink, video di Raffaella Rivi, scenografia di Federico Pian, disegno luci di Paolo Pollo Rodighiero, costumi a cura di Lauretta Salvagnin (il vestito di Ottavia Piccolo è realizzato da La Sartoria – Castelmonte onlus), per la regia di Sandra Mangini – produzione Argot Produzioni e Officine della Cultura, in coproduzione con Città del Teatro / Fondazione Sipario Toscana Onlus, Solares / Fondazione delle Arti – Teatro delle Briciole e TSU / Teatro Stabile dell’Umbria. Un ritratto di Giacomo Matteotti, il deputato socialista che di fronte agli atti intimidatori e all’escalation di violenza scelse di denunciare pubblicamente in parlamento «la manovra politica con cui si è spacciata l’eversione più radicale camuffandola nel suo esatto opposto, ovverosia nella garanzia dell’ordine». In un discorso lucido e appassionato, mise in luce l’illegalità di un governo fondato su irregolarità e abusi, consapevole della gravità del momento ma anche delle conseguenze di una sfida contro avversari temerari e senza scrupoli; pochi giorni dopo, il suo rapimento ed il brutale assassinio, per far tacere una delle ultime voci del dissenso. “Matteotti – Anatomia di un fascismo” ripercorre «l’ascesa e l’affermazione di quel fenomeno eversivo che il deputato seppe comprendere, fin dall’inizio, in tutta la sua estrema gravità, a differenza di molti che non videro o non vollero vedere: il pericolo più grande, la malattia che fa morire un uomo è quella che non senti crescere».
Tra parole e note – venerdì 27 febbraio alle 20.30 – con “Storie spagnole del Siglo de Oro”, il recital del violinista e musicologo Alberto Sanna con l’ensemble Dolci Accenti, per un suggestivo itinerario alla riscoperta della vivace temperie culturale ed artistica della Spagna fra Rinascimento e Barocco. Una preziosa antologia di Romances y Glosas, Danzas Bajas y Alta, Canciones y Bailes ma anche Caricaturas in cui frammenti ed echi dei poemi cavallereschi s’intrecciano alle composizioni per organo, tra ritmi di danza, canti sacri e profani e balli popolari. Il musicologo sassarese Alberto Sanna, allievo di Felice Cusano e Zinaida Gilels, perfezionatosi in strumenti antichi con Phoebe Carrai e Manfredo Kraemer e musicologia con Laurence Dreyfus, apprezzato studioso e docente di musica antica, da tempo residente in Gran Bretagna, propone un’interessante guida all’ascolto di brani emblematici della ricca fioritura culturale sotto la Corona di Spagna. Un’occasione per immergersi nelle atmosfere di un’epoca lontana, attraverso il fascino delle melodie che accompagnano le storie di donne e uomini, nobili e popolani, chierici e laici vissuti nella Penisola Iberica ma anche nei territori d’oltre oceano, tra XVI e XVII secolo. Il Siglo de Oro vede emergere poeti e drammaturghi, da Fray Luis de León e Fernando de Herrera a Lope de Vega, Luis de Góngora, Miguel de Cervantes, Pedro Calderón de la Barca e Francisco de Quevedo, pittori come Velázquez,·Ribera, Murillo, El Greco oltre a compositori come Cristóbal de Morales, Tomás Luis de Victoria e Francisco Guerrero, Luis de Narváez, Juan Vásquez, Antonio de Cabezón, Francisco de la Torre, Diego Ortiz e Jusepe Ximénez, in un’età di splendore delle arti.
Scene da un matrimonio – sabato 7 marzo alle 20.30 – con “Un letto per due” di Tato Russo, con Riccardo Polizzy Carbonelli e Marina Lorenzi e con i performers dell’Incorporea Group, con le coreografie di Aurelio Gatti, per la regia di Livio Galassi (produzione T.T.R. / Il Teatro di Tato Russo). La pièce racconta la storia di una coppia, tra «difficoltà, tribolazioni, risate, dolori, speranze e delusioni» di trentacinque anni di vita insieme, mettendo l’accento sui momenti cruciali, dalla prima notte di nozze alla nascita del primo figlio, il successo del marito come scrittore, ma anche una relazione extraconiugale, e poi il matrimonio felice della figlia e le disavventure del figlio maschio. Un grande letto a due piazze al centro del palco diventa il simbolo del “martirimonio”, un neologismo che riassume il carattere contraddittorio di un legame fatto di gioia e amarezza, passione e tradimenti, ricordi e rimpianti, rabbia e disincanto: in questa trasposizione teatrale, da una sceneggiatura per un film, Tato Russo, affermato attore, regista e drammaturgo partenopeo, «rilegge in chiave moderna la favola più antica del mondo: quella dell’amore eterno». Sotto i riflettori Riccardo Polizzy Carbonelli e Marina Lorenzi interpretano i protagonisti di una storia semplice ma anche paradigmatica, che rivela le aspirazioni e i desideri, i fallimenti e le incomprensioni e ripercorre l’evoluzione di un rapporto dopo la fine dell’idillio con la consapevolezza delle imperfezioni e delle contraddizioni della natura umana, tra i fantasmi del passato e la ricerca della felicità.
Ritratto di famiglia – giovedì 12 marzo alle 20.30 – con “Benvenuti a Casa Morandi”, una commedia scritta da Marianna e Marco Morandi, Pino Quartullo e Elisabetta Tulli che rievoca l’infanzia e la giovinezza di due figli d’arte, tra i successi e gli impegni professionali del celebre padre e della madre l’attrice Laura Efrikian (distribuzione Diego Ruiz per Mentecomica). Sul palco Marianna e Marco Morandi, accanto a Marcello Sindici, per la regia di Pino Quartullo, interpretano se stessi, alle prese con un trasloco, dopo la scomparsa della Tata Marta: tra mobili e vecchi giocattoli riaffiorano i ricordi di una vita sotto i riflettori, tra set cinematografici e studi televisivi, films e canzoni, fin da bambini sotto gli occhi del pubblico, come piccoli divi tra i flash dei fotografi. “Benvenuti a Casa Morandi” rappresenta un viaggio tra le emozioni, in cui i protagonisti si confrontano con il passato, con l’allegria e la tristezza, la serenità dell’età dei giochi e la presenza rassicurante della tata. Tra incursioni telefoniche di mamma e papà e dei rispettivi figli, e l’arrivo inaspettato di un traslocatore invadente e innamorato, Marianna e Marco si raccontano con ironia, leggerezza e una punta di malinconia. Una commedia delicata e tenera, sull’importanza degli affetti, in cui Marianna, attrice, diplomata all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica, una carriera fra teatro, cinema e televisione e Marco, cantante, attore e compositore, rivelano i loro pensieri e i loro sentimenti, insieme a frammenti significativi della loro storia familiare, con disarmante sincerità.
Un capolavoro della storia della danza – domenica 22 marzo alle 20.30 – con “Coppelia” del Balletto di Roma – Junior Company (con la direzione artistica di Francesca Magnini e la direzione di Luciano Carratoni), con coreografia e regia di Fabrizio Monteverde e musiche di Léo Delibes, costumi di Santi Rinciari e disegno luci di Emanuele De Maria: in scena quattordici giovani interpreti per una rilettura in chiave contemporanea, «in un contesto giovanile, quasi adolescenziale», in cui l’amore autentico si contrappone al mondo delle apparenze. “Coppélia, ou La fille aux yeux d’émail” (Coppélia, o La ragazza dagli occhi di smalto), da un racconto di ETA Hoffmann, narra le avventure di una bambola meccanica: la coreografia originale di Arthur Saint-Léon si distacca dalla tradizione dei balletti romantici, inserendo una vivace pantomima, per trasformare la favola nera in una storia a lieto fine. Nella versione di Fabrizio Monteverde affiora l’inquietudine presente in “Der Sandmann” (L’uomo della sabbia) di Hoffmann: «C’è un angolo della mente – afferma il coreografo – che non riesce a razionalizzare la paura del diverso e di ciò che non conosciamo, mettendo in evidenza tutte le nostre paure, anche le più infantili. Il terrore di rimanere soli fa compiere tortuosi percorsi come in un racconto dell’orrore. “Coppelia” non è altro che il punto di partenza per un viaggio che ha come meta la ricerca dell’altro, ovvero, l’Amore». La creazione di Monteverde mette in risalto la forza salvifica di un sentimento puro, che sconfigge le angosce e fuga le ombre, capace di dare un senso all’esistenza: «la ricerca disperata di voler donare la vita – sostiene il coreografo – è semplicemente la necessità di amare».
Un dialogo a distanza – venerdì 10 aprile alle 20.30 – con “Nives / Una telefonata lunga una vita” dal romanzo di Sacha Naspini (Edizioni E/O), con drammaturgia di Riccardo Fazi, un progetto teatrale di Giorgio Zorcù, con Sara Donzelli e Sergio Sgrilli e con le voci fuori campo di Graziano Piazza (prologo) ed Elena Guerrini (Donatella), costumi di Marco Caboni, collaborazione ai movimenti di Giulia Mureddu, disegno luci di Marcello D’Agostino e sound design di Umberto Foddis, grafica a cura di Matteo Neri, produzione Accademia Mutamenti, in collaborazione con MutaImago, coproduzione Teatro Fonderia Leopolda / Città di Follonica. Una donna, rimasta sola dopo la morte del marito, con l’unica compagnia di una gallina zoppa, per infrangere il muro della solitudine si rivolge al veterinario del paese: in una lunga conversazione, riaffiorano «fatti lontani nel tempo e vecchi rancori», ma anche «si scoprono gli abissi di amori perduti». “Nives” è un percorso a ritroso nel tempo, tra rivelazioni inattese e occasioni mancate, in una amaro bilancio dell’esistenza, tra rimorsi e rimpianti, fallimenti e disincanto, sullo sfondo di «una cultura contadina stralunata e feroce». Una storia emblematica, eppure singolare, in cui il peso delle scelte, giuste o sbagliate, ma ormai irrimediabili, riemerge attraverso le parole della protagonista e del suo interlocutore, in una tardiva consapevolezza di ciò che avrebbe potuto essere e non è accaduto, ma anche dell’inesorabile trascorrere del tempo, e dell’avanzare dell’età. “Nives” è un dramma moderno, in cui gli spettatori ascoltano le confessioni incrociate dei due protagonisti, condividendo i loro pensieri e le loro emozioni, i loro turbamenti e stati d’animo, la trama complicata dei loro destini.
Il gioco delle passioni, tra amori e incantesimi – venerdì 17 aprile alle 20.30 – nel “Sogno di una notte di mezza estate” di COB / Compagnia Opus Ballet, con coreografie di Davide Bombana e musiche di Felix Mendelssohn e Jóhann Jóhannsson, dalla celebre commedia di William Shakespeare, con disegno luci di Carlo Cerri, abiti di Ermanno Scervino, direzione tecnica di Laura De Bernardis, editing musicale di Silvio Brambilla, elementi scenografici di Margherita Citran, sartoria a cura di Lisa Perin, per una versione immaginifica della storia dei giovani innamorati, tra fughe e inseguimenti, cui fa da contrappunto la rivalità fra i sovrani del regno delle fate. Sotto i riflettori Giuliana Bonaffini, Emiliano Candiago, Matheus De Oliveira Alves, Ginevra Gioli, Gaia Mondini, Giulia Orlando, Niccolò Poggini, Giovanni Russo, Sara Schiavo e Frederic Zoungla, Maître de ballet Giusi Santagati: un “Sogno” danzato in chiave contemporanea, fra accenti romantici e sonorità “nordiche”. «Rifacendomi ai temi dell’irrazionale e dell’assurdo presenti nel celebre testo di Shakespeare, vorrei creare un’atmosfera quasi beckettiana dove, tra realtà e allucinazione, un gruppo di danzatori danno vita ad un gioco di intrecci amorosi imprevedibile e vivace» afferma il coreografo Davide Bombana che dedica questa sua creazione a Silvia Poletti (scomparsa nel 2024). Nella dimensione “selvaggia” del bosco, popolato da fate e folletti, le vicende dei quattro giovani «sopraffatti in una notte d’estate dal loro bisogno d’amore e dall’irruenza della loro libido», si intrecciano allo scontro fra Oberon e Titania, «re e regina del mondo dell’allucinazione», che «sconvolgono nella loro furia l’equilibrio del pianeta».
Storia di un’amicizia – venerdì 15 maggio alle 20.30 – con “Le Nostre Donne” di Éric Assous con Luca Bizzarri, Enzo Paci ed Antonio Zavatteri, per la regia di Alberto Giusta, co-produzione CMC/Nidodiragno e Teatro Stabile di Verona: una commedia brillante incentrata sul legame di solidarietà e fratellanza fra tre uomini, che si trovano improvvisamente ad affrontare un dilemma morale. Max, Paul e Simon si frequentano assiduamente e sono amici da trent’anni, condividono riti ed abitudini, compresa la solita partita a poker e si fidano l’uno dell’altro; tuttavia il loro successo nella vita professionale non basta a cancellare le inquietudini né tanto meno a garantire la felicità nella vita privata. “Le Nostre Donne” indaga proprio nella sfera dei sentimenti, portando alla luce fragilità e incomprensioni, delusioni e fallimenti, mentre le figure femminili, assenti sulla scena, diventano protagoniste nei pensieri e nelle parole dei tre amici. La pièce si interroga sui confini dell’amicizia, su quanto quel rapporto fatto di spontanea simpatia e complicità maschile possa influenzare le scelte ed i comportamenti, su quali responsabilità e impegni comporti, nei momenti cruciali. “Le Nostre Donne” (interpretata con successo al Theatre de Paris da Jean Reno e Daniel Auteuil con Richard Berry, che firma anche la regia dell’omonimo film) è una commedia divertente, raffinata e dissacrante, leggera e spietata al tempo stesso, dal ritmo inarrestabile e ricca di colpi di scena e ribaltamenti di ruolo, incentrata proprio su quelle creature enigmatiche, con i loro desideri segreti e le loro complicate esigenze, la loro sensibilità e la loro inattesa durezza, difficili da comprendere, comunque «amate, odiate, rimpiante» e costantemente evocate nei discorsi dei loro uomini in crisi.























