Donald Trump ha agitato lo spettro di nuove sanzioni contro l’India se Nuova Delhi non interromperà l’acquisto di petrolio russo. E l’India ha deciso di usare il metodo Cina: va avanti come se nulla fosse. Due alti funzionari indiani hanno smentito qualsiasi cambio di politica commerciale: “Il governo non ha dato istruzioni alle compagnie petrolifere di ridurre gli acquisti”, ha precisato uno di loro.
In conferenza stampa, il portavoce del Ministero degli Esteri Randhir Jaiswal ha evitato di rispondere direttamente alla minaccia, ribadendo però la linea di Nuova Delhi: “Le nostre relazioni bilaterali si basano sui meriti e non dovrebbero essere viste attraverso il prisma di un Paese terzo. India e Russia vantano un partenariato solido e collaudato“.
Trump non ha specificato quali sanzioni scatterebbero in caso di rifiuto. Secondo alcuni analisti, la mossa potrebbe essere parte della trattativa per un accordo commerciale bilaterale in fase di negoziazione tra India e Stati Uniti. Curiosamente, altri grandi importatori di petrolio russo come Cina e Turchia non sono stati minacciati di misure analoghe.
Dall’inizio della guerra in Ucraina, l’India ha aumentato in modo massiccio gli acquisti di greggio russo, passato da meno dell’1% a oltre un terzo delle importazioni nazionali. Con più di due milioni di barili al giorno, Nuova Delhi è oggi il secondo cliente di Mosca dopo la Cina.
Nei primi mesi del conflitto, Washington e Bruxelles avevano spinto per ridurre i legami economici tra India e Russia. Ma col tempo la strategia si è ammorbidita: i partner occidentali hanno riconosciuto che l’acquisto di petrolio russo a prezzi calmierati – fissati dal tetto imposto da UE e G7 – contribuiva a contenere le quotazioni globali e a limitare le entrate di Mosca.
Un approccio che lo stesso Dipartimento del Tesoro USA aveva definito “efficace”. Eric Garcetti, allora ambasciatore americano a Nuova Delhi, lo aveva spiegato così: “L’India ha comprato petrolio russo perché volevamo che qualcuno lo acquistasse al prezzo massimo. Non è stata una violazione, era parte della politica: mantenere il petrolio russo sul mercato, ma a un costo che riducesse i guadagni del Cremlino”, scrive l’agenzia Dire all’indirizzo www.dire.it.
























