In Sardegna un giovane su cinque (20,2%) tra i 15-34 anni è Neet: non studia, non lavora e non è inserito in percorsi formativi.
Questa condizione riguarda soprattutto la componente femminile: la quota raggiunge il 21,6%, rispetto ai maschi (19%).
Più alto è il titolo di studio della madre, minore è il rischio di diventare Neet. Nelle famiglie sarde il tasso nella fascia 15-34 anni è del 32,3% quando la mamma ha la licenza elementare, scende al 24% quando ha la licenza media, per poi diminuire ulteriormente al 13,4% quando ha il diploma.
È quanto emerge dallo studio “NEET, giovani non invisibili: sfide e risposte per attivare le risorse del futuro”, il primo rapporto di analisi e advocacy del progetto Dedalo – Laboratorio permanente sul fenomeno Neet, realizzato da Fondazione Gi Group in partnership con l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, in collaborazione con ZeroNeet – il programma di contrasto promosso da Fondazione Cariplo – e Fondazione Compagnia di San Paolo.
“Il titolo di studio della madre- spiega Chiara Violini, presidente di Gi Group – ha una funzione protettiva rispetto alla condizione di Neet perché contribuisce a ridurre il peso delle norme sociali che ancora oggi attribuiscono alle donne il principale carico di cura e lavoro domestico, favorendo percorsi professionali più stabili. Crescere in una famiglia in cui la madre ha almeno il diploma significa disporre non solo di maggiori risorse economiche, ma anche di competenze culturali e reti di orientamento che aiutano i figli a compiere con più consapevolezza la transizione dalla scuola al mercato del lavoro”.
Un ulteriore dato di rilievo emerge sotto il profilo anagrafico: l’incidenza dei Neet in Sardegna varia con l’età, passando dal 6,7% nella fascia 15-19 anni, al 17,1% tra i 20-24enni, al 29,1% nella fascia 25-29 e al 26,6% tra i 30-34enni, trend che conferma una condizione di vulnerabilità trasversale a una fetta rilevante della popolazione giovanile della regione, scrive l’Ansa.
























