Nel luglio 2025 la Sardegna è diventata teatro dell’ennesimo esperimento di gestione d’urgenza in stile Bruxelles: l’epidemia di dermatite nodulare bovina – malattia a bassa trasmissibilità – è bastata per decretare abbattimenti a tappeto e l’arrivo massiccio di vaccini stranieri.
I focolai sono saliti da 19 a 29. Capi infetti: oltre 180. Decessi: 30. Bovini abbattuti: quasi 450. Il Regolamento UE parla chiaro: via tutto, anche gli animali sani. E chi si oppone? Si arrangi col TAR.
Due aziende hanno fatto ricorso contro i provvedimenti delle ASL di Sassari e Nuoro. La sentenza è attesa a ore, ma intanto migliaia di capi restano nel limbo. Sullo sfondo, la paura: che il diritto alla produzione venga sacrificato per compiacere vincoli burocratici.
Sono arrivate 300.000 dosi di vaccino attenuato dal Sudafrica. Dopo lo sdoganamento, le fiale sono state inviate in Sardegna. Vaccinazione obbligatoria, sanzioni da 2.000 a 20.000 euro. Anche per chi non ha un solo capo malato.
A Buddusò e nel Nuorese si protesta: danni da vaccino, minacce ai dissenzienti, zero trasparenza. «Chi non virus, multa», il riassunto più onesto. Nel frattempo, circolano moduli per aderire a programmi di “prevenzione integrata”.
In teoria servono per contenere le infezioni. In pratica, secondo molti, sono un primo passo verso il controllo algoritmico dell’allevamento. Si parla apertamente di vaccini mRNA in test in Sardegna, Lombardia e Piemonte, per contrastare patologie come BRSV e IBR.
Gli allevatori temono che la posta in gioco sia ben più alta: la digitalizzazione forzata dell’intera filiera rurale. Sensori, microchip, tracciabilità genetica, algoritmi predittivi, accesso condizionato ai fondi pubblici. Tutto in linea con i progetti europei come DISARM e ALL-SMART-PIGS, finanziati da Horizon 2020.
In nome della biosicurezza, si profila una zootecnia ipercontrollata, dove l’allevatore diventa terminale passivo del cloud veterinario. E non è finita. All’orizzonte spuntano i vaccini autoreplicanti: self‑amplifying mRNA (sa‑mRNA), una tecnologia derivata da vettori virali sintetici, progettata per amplificare la produzione della proteina antigenica direttamente nelle cellule del bestiame. Ancora non autorizzati in Italia, ma già in fase avanzata di trial clinici internazionali.
In Europa, sono al centro di discussioni presso EMA, EFSA e piattaforme One Health. Multinazionali come Ceva Santé Animale hanno già costruito nuovi impianti in Ungheria per produrli in massa. L’obiettivo? Portare la biosicurezza nelle stalle con una sola iniezione.
Ma gli allevatori non ci vedono un vaccino, ci vedono un cavallo di Troia. Il problema? Il solito: rischi riproduttivi, residui genetici nel latte, addio certificazioni DOP e BIO. Ma chi solleva dubbi viene trattato da medievale.
Nel frattempo, il gelo tra la Giunta e il mondo delle campagne si fa più denso. La presidente Todde giura che «la Regione è al fianco degli allevatori». Coldiretti, CIA, Copagri e Confagricoltura vogliono invece indennizzi veri, abbattimenti selettivi e chiarezza. Per ora, ottengono ruspe e multe.
Insomma, la dermatite nodulare è solo la facciata. Il vero conflitto si gioca altrove: tra una zootecnia radicata nella terra e una macchina normativa che vuole trasformare ogni stalla in una piattaforma biotech sotto monitoraggio permanente.
Tratto da https://www.playmastermovie.com/

























