Container pieni di armi provenienti dalla Repubblica Ceca caricati nel porto di Ravenna su navi di una compagnia israeliana e destinati ad Haifa e alle Idf, forze militari di Tel Aviv. A segnalarlo è The Weapon Watch, Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei, che negli ultimi mesi ha raccolto le testimonianze dei portuali ravennati. Sulle navi israeliane “prima caricavano per lo più ortofrutta e merci varie, ora sempre più dispositivi militari e munizioni”, denuncia l’Osservatorio.
Poi c’è il caso particolare delle armi per Israele, sempre arrivate dalla Repubblica Ceca, in transito nel porto di Ravenna il 30 giugno scorso, senza l’ok di Uama, l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento), sollevato in queste ore dal quotidiano “Il Manifesto”. Insomma, ce n’è abbastanza per portare la questione in Parlamento e chiedere lumi al Governo. A farlo è Marco Grimaldi di Alleanza Verdi e Sinistra.
“Quanto emerso in queste ore sul transito di armamenti diretti a Israele attraverso il porto di Ravenna è gravissimo. Munizioni e componenti bellici, provenienti dalla Repubblica Ceca o prodotti in Italia, sono passati o tentavano di passare senza l’autorizzazione dell’Uama, in violazione della Legge 185/1990 e del principio fondamentale che vieta l’export verso Paesi in guerra o che violano i diritti umani”. Lo afferma Marco Grimaldi di Alleanza Verdi e Sinistra.
“Nonostante il Governo Meloni– prosegue il vicecapogruppo dei deputati rossoverdi- abbia dichiarato la sospensione delle autorizzazioni dopo il 7 ottobre 2023, i fatti dimostrano che il traffico non si è fermato. Anzi, si è fatto più opaco. La nave Zim New Zealand continua a fare la spola tra Ravenna e Haifa, mentre un carico di 14 tonnellate di componenti militari è stato sequestrato solo grazie all’intervento dell’Agenzia delle Dogane. Senza la segnalazione di un portuale e il lavoro di monitoraggio di associazioni come Weapon Watch, tutto sarebbe passato sotto silenzio. È inaccettabile che aziende italiane, come Valforge di Lecco, producano pezzi destinati a IMI Systems, fornitrice dell’esercito israeliano, senza essere iscritte al Registro nazionale delle imprese della difesa. È inaccettabile che si invochi la “funzione indistinguibile” dei prodotti per aggirare la legge. È inaccettabile che le Dogane si trincerino dietro interpretazioni discutibili dell’art. 10 bis, ignorando che Israele è un Paese terzo e in guerra”.
“Israele è accusato dalla Corte Internazionale di Giustizia di crimini contro l’umanità. Non possiamo essere complici. Chiedo al Governo di chiarire immediatamente come sia stato possibile questo transito, di rafforzare i controlli nei porti e di rendere pubblici i dati sull’export bellico. Chiedo alle Commissioni parlamentari di aprire un’indagine su Ravenna e su tutte le rotte che alimentano la guerra. Ho depositato un’interrogazione parlamentare per ribadire che il nostro territorio nazionale cosi come il porto di Ravenna non possono essere crocevia di morte e complici di genocidio. L’Italia deve scegliere da che parte stare – conclude Grimaldi – con il diritto internazionale o con chi lo calpesta”, scrive l’agenzia Dire all’indirizzo www.dire.it.

























