L’università c’è e può salvare delle vite, tra cui quelle degli studenti palestinesi di Gaza. Ma troppo lunghe e articolate le procedure per accedere ai bandi – per la laurea triennale, specialistica o per accedere al dottorato di ricerca-, con le università che dopo il 7 ottobre 2023 sono state rase al suolo, i certificati finiti sotto le macerie e i docenti uccisi: oltre duecento, secondo il ministero dell’Istruzione palestinese, a cui si aggiungono 1100 studenti universitari. Da qui nasce ‘Appello per Gaza, costruiamo ponti con le università italiane’, presentata alla Camera stamani, e che punta a chiedere al governo italiano – a partire dalla ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini e dal ministro degli Esteri Antonio Tajani – di “semplificare l’accesso ai bandi per gli studenti palestinesi”. Lo dichiara Gilda Sportiello, deputata del Movimento 5 stelle (M5s), aprendo la conferenza stampa. Più nel dettaglio, “servono procedure e requisti semplificati” per permettere agli studenti di Gaza di proseguire gli studi in Italia, perché “non si può ignorare che a Gaza c’è un genocidio- dice la deputata- né pensare di reperire documenti se la propria università è stata bombardata, o dimenticare che a Gaza non c’è internet né elettricità”.
Da qui l’appello anche alla Crui ad aumentare i bandi: 34 quelli attivati per gli studenti palestinesi in tutta Italia, scaduti tuttavia a maggio scorso, per 97 posti disponibili, ma “ovviamente le richieste sono state molte di più” avverte Sportiello, che continua: “servono poi corridoi universitari, come quelli sanitari che sono già stati aperti, visti umanitari per motivi di studio e procedure di evacuazione sicura per le ragazze e i ragazzi”, dal momento che a Gaza “nessuno entra e nessuno esce”. A ciò si deve aggiungere “collaborazione con l’Ambasciata” come aggiunge Fausta Scardigno, docente dell’Università di Bari: “Noi università siamo pronte- assicura, ricordando che è tra gli obiettivi degli atenei quello di “far rispettare il diritto allo studio, che è universale”. UniBari, continua, già accoglie richiedenti asilo tramite programmi dell’Agenzia Onu per i rifugiati Unhcr, ma poi “ci si scontra con l’Ambasciata, che non collaborabora”. E allora “inutile assegnare le borse di studio, allocando i fondi, se poi veniamo lasciate sole dalla rete diplomatica”. Un grande ostacolo è infatti “attivare visti umanitari per motivi di studio, sebbene questo sia un diritto umano. Non capiamo tuttavia perché per gli studenti ucraini sia stata emessa una direttiva ministeriale per la creazione di corridoi specifici”.
Non solo: la docente dell’università di Foggia Giusi Antonia Toto aggiunge: “I bandi per il dottorato di ricerca incontrano limiti burocratici, come possedere un livello alto di conoscenza della lingua italiana, ma è un ostacolo che possiamo risolvere con le università, mentre ci serve aiuto per fornire ai ragazzi servizi fondamentali per l’accoglienza”. Toto poi riferisce che “tanti colleghi da altri atenei hanno risposto al nostro appello e si stanno muovendo”, sia per aumentare i bandi, sia “contattando i parlamentari”. D’altronde, “non possiamo perdere tempo perché non sappiamo se gli studenti che hanno vinto il bando o vorrebbero provare ad accedere domani ci saranno ancora”, come avverte Anna Giada Altomare, fondatrice della casa editrice Another Coffie stories e promotrice dell’Appello; Altomare ha lanciato la collana Voci dalla Palestina per pubblicare autori da Gaza: “Nonostante siano sotto le bombe, questi ragazzi trovano ancora la forza di scrivere”. Quindi cita la storia di Aya, una delle decine di studentesse con cui è in contatto: “Ha vinto il bando e due giorni dopo il padre e il fratello sono stati uccisi. Ma ha detto che partirà ugualmente, perché glielo ha promesso”.
“Oggi raccogliamo la richiesta di coloro che stanno già lavorando con chi ha vinto i bandi universitari attivati dalla Crui e si sta scontrando con le difficoltà esistenti, dopodiché metteremo nero su bianco queste necessità, presentando interrogazioni formali tanto alla ministra Bernini quanto al ministro Tajani, affinché si velocizzino le procedure e si attivino dei veri e propri corridoi umanitari universitari”. Lo dichiara all’agenzia Dire Antonio Caso, deputato del Movimento 5 Stelle (M5S) e capogruppo in commissione Cultura. Occasione dell’intervista, la presentazione alla Camera del progetto ‘Appello per Gaza, costruiamo ponti con le università italiane’, che, ribadendo il diritto universale allo studio, invoca corridoi universitari per gli studenti palestinesi ma anche l’aumento dei bandi e la semplificazione delle procedure, con la possibilità ad accedere a visti di emergenza e canali di evacuazione sicuri dalla Striscia, piegata da oltre venti mesi di conflitto.
Caso avverte: “C’è il rischio che chi ha vinto il bando non riesca ad arrivare”, o per gli ostacoli della burocrazia, o a causa di fame e attacchi, che mietono decine di vittime al giorno. Quanto al tema dei corridoi universitari, Caso aggiunge: “Quelli attivati per gli ucraini potrebbe essere un modello ma non ci spieghiamo perché troppo spesso si facciano due pesi e due misure per le due situazioni: Gaza e Ucraina”. Nel corso della conferenza stampa il deputato pentastellato ha tenuto a chiarire: “Per noi le porte agli studenti palestinesi sono sempre aperte, ma questa va considerata come una fase momentanea: è doveroso che i ghazawi abbiano il sacrosanto diritto di restare nella loro terra, se è questo che vogliono, e possano studiare in uno stato, quello libero di Palestina”. In riferimento alle ultime dichiarazioni del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ieri ha annunciato l’occupazione totale di Gaza da parte dell’esercito, secondo Caso “emerge con chiarezza che la situazione nella Striscia è tremenda”, scrive l’agenzia Dire all’indirizzo www.dire.it.

























