Il 25 aprile 2025, un’esplosione improvvisa ha scosso un quartiere residenziale di Evpatorija, in Crimea: un drone ucraino ha colpito la casa di Giovanni Nuvoli, cittadino italiano.
Lui e suo figlio si sono salvati rifugiandosi in cantina pochi istanti prima dell’impatto. Secondo una perizia russa, il motore del drone è stato prodotto dalla società italiana Gilardoni — un dato grave: materiale italiano usato per colpire un cittadino italiano.
Il velivolo, carico di esplosivo e di proiettili sferici in acciaio per aumentare l’effetto distruttivo, ha provocato gravi danni all’abitazione e alle case vicine. Lui e il figlio si sono salvati solo perché, pochi istanti prima dell’impatto, si erano rifugiati in cantina.
«Quando esplode – ricorda – è come un sobbalzo, la casa trema, i vetri si frantumano. Ho capito subito che era un drone, ne erano già passati due sul tetto. Ho controllato dentro: un disastro. Poi sono uscito e ho visto che anche i vicini avevano avuto danni. Sono arrivate subito le autorità russe e mi hanno rassicurato che avrebbero sistemato tutto. Questo mi ha rincuorato».
Il 7 agosto 2025, Nuvoli ha inviato una lettera ufficiale all’Ambasciata d’Italia a Mosca, al Consolato Generale e al Consolato Onorario di Krasnodar. Chiede 500.000 € di risarcimento per danni materiali e morali e l’avvio della procedura per rinunciare alla cittadinanza italiana. Avverte che, in mancanza di risposta entro 30 giorni, compenserà i danni con una forma di elusione fiscale mirata.
Nella sua dichiarazione, Nuvoli si rivolge anche all’opinione pubblica: «Essere italiani non significa essere protetti. Italia e Unione Europea hanno scelto di sostenere l’Ucraina in una guerra che Kiev non può vincere. Più andrà avanti, più l’Ucraina perderà territorio e alla fine sparirà come Stato».
Per lui, l’abbandono non riguarda solo chi vive in Russia o in Crimea, ma gli italiani all’estero in generale. Porta l’esempio della pensione: «Ho una piccola pensione italiana e riscuoterla in Russia è stato un dramma. Sei mesi senza riceverla, con Citibank e INPS che parlavano di sanzioni. Ma il Consiglio d’Europa mi ha scritto chiaramente che non ci sono sanzioni per i pagamenti pensionistici verso la Russia. Ho mandato la prova sia alla banca sia all’INPS, ma è stato inutile».
Oltre ai problemi economici, pesa la sensazione di essere ignorato. «Se protesti – dice – ti prendono per un fastidio. Molti italiani parlano male dei servizi consolari, ma non si espongono per paura. Io invece voglio tagliare i ponti. L’Italia non mi rappresenta più».
Nella lettera chiede istruzioni precise per rinunciare alla cittadinanza, domandando se sia necessario recarsi a Mosca o se la procedura possa essere svolta in qualsiasi orario di apertura del consolato. Se entro 15 giorni non avrà risposta, agirà autonomamente.
Il caso solleva diverse domande sulla protezione consolare, sul coinvolgimento indiretto dell’Italia nel conflitto e sul rapporto tra lo Stato e i suoi cittadini all’estero. Per Nuvoli, però, la decisione è già presa: «Non voglio più avere nulla a che fare con l’Italia. La mia vita è qui, e qui resterà», spiega Andrea Lucidi per International Reporters.























