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Alghero: Stagione di Prosa, Danza e Circo Contemporaneo 2025-2026

18 Ottobre 2025
in Cultura, Sassari
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Alghero: Stagione di Prosa, Danza e Circo Contemporaneo 2025-2026
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Viaggio nella Storia del Novecento, tra echi shakespeariani e moderne commedie, coinvolgenti monologhi, performances acrobatiche ed intriganti coreografie per la Stagione di Prosa | Danza & Circo Contemporaneo 2025-2026 organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna al Teatro Civico “Gavì Ballero” di Alghero, con la direzione artistica di Valeria Ciabattoni, con il patrocinio del Comune di Alghero ed il sostegno della Fondazione Alghero, e con il patrocinio ed il sostegno della Regione Autonoma della Sardegna e del MiC / Ministero della Cultura, con il contributo della Fondazione di Sardegna.

«La stagione di quest’anno al Teatro Civico alternerà appuntamenti su tematiche più profonde ed intense a momenti più leggeri e di spensieratezza ma sempre di alto livello culturale per il nostro pubblico» – afferma l’Assessora alla Cultura, Innovazione e Conoscenza Raffaella Sanna. 

Viaggio nella Storia del Novecento, tra echi shakespeariani e moderne commedie, coinvolgenti monologhi, performances acrobatiche ed intriganti coreografie per la Stagione di Prosa | Danza & Circo Contemporaneo 2025-2026 organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna al Teatro Civico “Gavì Ballero” di Alghero, con la direzione artistica di Valeria Ciabattoni, con il patrocinio del Comune di Alghero ed il sostegno della Fondazione Alghero, e con il patrocinio ed il sostegno della Regione Autonoma della Sardegna e del MiC / Ministero della Cultura, con il contributo della Fondazione di Sardegna. Dodici titoli in cartellone da novembre a maggio, con i nomi di punta della scena nazionale ed internazionale, da Ottavia Piccolo in “Matteotti / Anatomia di un fascismo” di Stefano Massini, a Debora Caprioglio e Corrado Tedeschi in “Plaza Suite” di Neil Simon, Mario Perrotta con “Nel Blu” dedicato a Domenico Modugno, Giovanni Scifoni in “Fra’” su San Francesco d’Assisi, Stefano Fresi in “Dioggene”, surreale ed ironico monologo scritto e diretto da Giacomo Battiato e Valentino Mannias (Premio Ubu 2024 come miglio attore under 35) con il suo “Hamlet in Purple”. Sotto i riflettori Antonio Cornacchione con “D.E.O. ex Macchina” sulle avanguardie tecnologiche ed il talento imprenditoriale di Adriano Olivetti nell’Italia degli Anni Cinquanta e Luca Bizzarri, Enzo Paci ed Antonio Zavatteri ne “Le nostre donne” di Èric Assous, una commedia sull’amore e l’amicizia, mentre Maurizio Giordo porta in scena “Ribelle – Storie di una notte cambiata”, uno spettacolo dedicato a Michela Murgia e liberamente ispirato a “Storie della buonanotte per bambine ribelli” di Francesca Cavallo ed Elena Favilli”(da un’idea di Paola Zoroddu). Spazio alla Danza con “The Man” di RBR Dance Company, uno spettacolo ispirato a “La Passione di Cristo” di Mel Gibson, con coreografie di Cristina Ledri e Cristiano Fagioli (sua la regia) e “Coppelia” del Balletto di Roma, una creazione del coreografo Fabrizio Monteverde, con i giovani ballerini della Junior Company, sul fascino pericoloso di una bambola meccanica, mentre in “Control Freak” il poliedrico e talentuoso Kulu Orr sposa acrobazie e giocoleria con numeri di magia, in un affascinante racconto per quadri a tempo di musica, nel segno del nouveau cirque.

Una programmazione interessante e variegata che spazia fra ironia e dramma, dai dilemmi esistenziali del malinconico Principe danese in “Hamlet in Purple” di e con Valentino Mannias e del protagonista di “Dioggene” di Giacomo Battiato, un attore di successo che abbandona il palcoscenico per darsi alla filosofia, dalla splendida avventura spirituale ed umana di San Francesco d’Assisi, in “Fra’” di e con Giovanni Scifoni al racconto corale delle voci di donne che compongono il mosaico di storie e canti di “Ribelle”, per mettere l’accento sull’emancipazione femminile e contrastare la violenza di genere; alla cronaca di un delitto per ridurre al silenzio un avversario coraggioso in “Matteotti / Anatomia di un fascismo”, con l’analisi di un fenomeno politico sfociato nella dittatura. Focus sui fragili equilibri e le dinamiche della vita di coppia in “Plaza Suite” di Neil Simon, tra crisi e riconciliazioni, tradimenti e scontri generazionali, in un vivido affresco della società, mentre ne “Le nostre donne”, Èric Assous tratteggia una solida amicizia maschile, facendo emergere le complicazioni sentimentali e i nodi irrisolti, oltre alla fragilità dei protagonisti, e ancora un ritratto d’artista con “Nel Blu” di e con Mario Perrotta, mentre in “D.E.O. ex Macchina” Antonio Cornacchione narra la creazione del primo centro di ricerca elettronica in Italia, voluto da Adriano Olivetti, con la realizzazione dei calcolatori ELEA e del primo calcolatore da tavolo, la P101. Un visionario ed appassionante racconto danzato con “The Man” di RBR Dance Company sulla figura di Gesù di Nazareth e la forza salvifica dell’amore, oltre l’inganno delle apparenze in “Coppelia” del Balletto di Roma, mentre Kulu Orr in “Control Freak” interpreta un buffo e stravagante personaggio alle prese con marchingegni ribelli, per il divertimento di grandi e piccini.

La Stagione di Alghero affronta temi di forte attualità, dal dubbio amletico sull’“essere o non essere”, agire e farsi artefici del proprio destino o sopportare i colpi dell’avversa fortuna, che si trasforma in antitesi tra l’ambizione e la ricerca interiore in “Dioggene”, alla condizione ed il ruolo delle donne nella società (e nell’immaginario maschile), alla violenza di genere, tra abusi fisici e psicologici, fino alla strage dei femminicidi. Focus sulle umane passioni – dalle contraddizioni del cuore alla paura della solitudine, dal desiderio di amare ed essere amati ai pregiudizi verso la diversità, fino agli enigmi della fede ed alle ideologie politiche e all’affermarsi dei regimi totalitari – tra epopee industriali e sogni d’artista, in un cartellone capace di attrarre differenti fasce di pubblico, dagli amanti della prosa e della danza, raffinati conoscitori dei classici e curiosi delle novità, alle giovani generazioni che nell’era della realtà virtuale riscoprono la forza evocativa e comunicativa del teatro, fra tradizione e innovazione, performing arts e nuove tecnologie.

IL CARTELLONE

Il sipario si apre – mercoledì 19 novembre alle 21 – su “D.E.O. ex Macchina / Olivetti, un’occasione scippata” di e con l’attore e comico Antonio Cornacchione, che racconta un’epoca in cui l’industria italiana era all’avanguardia in settori come l’informatica e la chimica, grazie ad imprenditori illuminati come Adriano Olivetti. Un affresco del Belpaese negli Anni Cinquanta, in pieno boom economico, tra sogni e speranze di rinascita: “D.E.O. ex Macchina”, originale e coinvolgente monologo scritto ed interpretato da Antonio Cornacchione, con la collaborazione ai testi di Massimo Cirri e scenografia e video-mapping a cura di Alessandro Nidi, per la regia di Giampiero Solari (produzione Amicor Sas) parla della nascita del Centro di Ricerca Elettronica a Barbaricina, vicino a Pisa, dove sotto la guida dell’ingegner Mario Tchou avrebbero visto la luce il calcolatore Elea 9001 e «il primo calcolatore da tavolo al mondo, la P101 chiamata affettuosamente Perottina dal nome del suo inventore Pier Giorgio Perotto». Volto noto del piccolo schermo, dalle apparizioni al Maurizio Costanzo Show a Zelig Off, Crozza Italia e Che tempo che fa, Antonio Cornacchione, già sceneggiatore di fumetti, dà prova di uno spiccato talento per la comicità e la satira allo Zelig di Milano, per approdare in tv e al cinema e finalmente in teatro, in “Tel chi el telùn” con Aldo, Giovanni e Giacomo ed il “Circo di Paolo Rossi”, fino alle commedie “Ieri è un altro giorno” di Silvain Meyniac e Jean François Cros, e “Basta Poco”, e porta ora in scena le sue “memorie di un impiegato” in “D.E.O. ex Macchina”.

Una tragedia elisabettiana – giovedì 11 dicembre alle 21 – con “Hamlet in Purple”, uno spettacolo di Valentino Mannias, protagonista sulla scena con il polistrumentista e compositore Luca Spanu, per una originale rilettura de “The Tragedy of Hamlet, Prince of Denmark” di William Shakespeare, in cui si intrecciano recitazione e teatro di figura in un avvincente gioco di specchi tra arte e vita. “Hamlet in Purple” (produzione Valentino Mannias e Bluemotion) con le marionette de Is Mascareddas (Premio Ubu alla carriera 2023), musiche di Luca Spanu e interventi vocali di Emanuela Orrù e Federica Orrù, disegno luci di Andrea Gallo, foto di scena di Dietrich Steinmetz, rievoca trama e personaggi del celebre dramma, che sembrano materializzarsi come per incanto, riaffiorando dalla memoria, così da far rivivere ancora una volta la storia del principe danese. Un’intensa prova d’attore per Valentino Mannias (Premio Hystrio alla vocazione 2015 e Premio Ubu 2024 come miglior attore/performer under 35) che firma traduzione, drammaturgia e regia della pièce, in cui presta voce e corpo ad Amleto, «strozzato dai mille soprusi, incapace di fermare una guerra, inetto ad amare» e di volta in volta alla madre, la Regina Gertrude e al di lei cognato e novello sposo, il Re Claudio, fratricida e usurpatore del trono, alla dolce Ofelia e all’intrigante Polonio come agli infidi Rosencrantz e Guildenstern e all’amico Orazio. “Hamlet in Purple” racconta il dilemma di un moderno antieroe, tormentato dai dubbi e circondato dai “fantasmi”, in una storia emblematica, un omaggio al teatro fra realtà e illusione, amore e follia.

Un gioco di specchi fra vita e arte – mercoledì 14 gennaio alle 21 – con “Dioggene”, uno spettacolo scritto e diretto da Giacomo Battiato e interpretato da Stefano Fresi, con musiche di Germano Mazzocchetti, costumi di Valentina Monticelli, disegno luci di Marco Palmieri, allestimento scenico di Pier Paolo Bisleri, scultore Oscar Aciar e decoratore Bartolomeo Gobbo, foto di Chiara Calabrò, produzione Teatro Stabile d’Abruzzo – Stefano Francioni Produzioni – Argot Produzioni. Un monologo in tre atti, che mette in risalto il talento istrionico dell’artista romano di origine sarda, nel ruolo di Nemesio Rea, un attore di successo che in “Historia de Oddi, Bifolco” dà voce a un contadino toscano reduce dalla Battaglia di Montaperti, mentre ne “L’Attore e il buon Dio”, in procinto di entrare in scena, parla di un feroce litigio con la moglie, e infine, nel terzo quadro, “Er Cane de via der Fosso d’a Maijana” abita in un bidone della spazzatura, dopo aver rinunciato a tutto, sull’esempio dell’antico filosofo, e riflette sul senso della vita. “Dioggene” racconta la storia di un attore famoso, amato e apprezzato dal pubblico, che a un certo punto, dopo la crisi del suo matrimonio, intraprende un percorso di ricerca personale, mettendo da parte le antiche ambizioni e diventando un modello di austerità e saggezza. Una vicenda paradossale, in cui Stefano Fresi (Nastro d’Argento come miglior attore di commedia nel 2019 per “C’è tempo”, “L’uomo che comprò la Luna” e “Ma cosa ci dice il cervello”) presta volto e voce ad un moderno antieroe che nell’era del consumismo si priva del superfluo e sceglie la semplicità.

Un vivido affresco di varia umanità – giovedì 22 gennaio alle 21 – con “Plaza Suite”, fortunata commedia di Neil Simon, nella traduzione italiana di Roberta Conti, con Corrado Tedeschi e Debora Caprioglio, e con Gianluca Delle Fontane, Andrea Bezzi e Giulia Galizia, con scenografia di Andrea Bianchi e costumi di Sonia Cammarata, per la regia di Ennio Coltorti (produzione Skyline Productions, in collaborazione con Savà / Produzioni Creative e La Contrada / Teatro Stabile di Trieste). Una pièce brillante ambientata in un lussuoso appartamento di un grande albergo, dove si avvicendano ricchi clienti che si mettono a nudo rivelando le proprie fragilità e le proprie inquietudini, in uno spaccato della società: tre coppie più o meno affiatate discutono i loro problemi, tra crisi e tradimenti, litigi e riconciliazioni. L’elegante cornice sembra quasi accentuare le dissonanze e le note caratteriali, l’imprevedibilità dell’esistenza e l’irrequietezza dell’animo umano: intorno alla moglie di un importante e impegnatissimo imprenditore, che sceglie la suite per l’anniversario delle nozze, a due amanti clandestini e a due genitori preoccupati per l’imminente matrimonio della figlia, si aggirano camerieri e segretarie. Tra incomprensioni, equivoci e rivelazioni, Neil Simon mette in evidenza con pungente umorismo, lasciando affiorare i pensieri e le emozioni accuratamente celati, la complessità della natura umana e la necessità di salvare le apparenze, la forza delle passioni e l’ipocrisia della società.

Cronaca di un delitto – mercoledì 4 febbraio alle 21 – con “Matteotti – Anatomia di un fascismo” di Stefano Massini, con Ottavia Piccolo ed I Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo, musiche di Enrico Fink, video di Raffaella Rivi, scenografia di Federico Pian, disegno luci di Paolo Pollo Rodighiero, costumi a cura di Lauretta Salvagnin (il vestito di Ottavia Piccolo è realizzato da La Sartoria – Castelmonte onlus), per la regia di Sandra Mangini – produzione Argot Produzioni e Officine della Cultura, in coproduzione con Città del Teatro / Fondazione Sipario Toscana Onlus, Solares / Fondazione delle Arti – Teatro delle Briciole e TSU / Teatro Stabile dell’Umbria. Un ritratto di Giacomo Matteotti, il deputato socialista che di fronte agli atti intimidatori e all’escalation di violenza scelse di denunciare pubblicamente in parlamento «la manovra politica con cui si è spacciata l’eversione più radicale camuffandola nel suo esatto opposto, ovverosia nella garanzia dell’ordine». In un discorso lucido e appassionato, mise in luce l’illegalità di un governo fondato su irregolarità e abusi, consapevole della gravità del momento ma anche delle conseguenze di una sfida contro avversari temerari e senza scrupoli; pochi giorni dopo, il suo rapimento ed il brutale assassinio, per far tacere una delle ultime voci del dissenso. “Matteotti – Anatomia di un fascismo” ripercorre «l’ascesa e l’affermazione di quel fenomeno eversivo che il deputato seppe comprendere, fin dall’inizio, in tutta la sua estrema gravità, a differenza di molti che non videro o non vollero vedere: il pericolo più grande, la malattia che fa morire un uomo è quella che non senti crescere».

La magia del nouveau cirque – giovedì 26 febbraio alle 21 – con “Control Freak” di e con Kulu Orr, un coinvolgente e sorprendente one-man-show incentrato su uno strano personaggio che «lotta con la scena, con se stesso e con marchingegni ribelli… fino a domarli tutti» (distribuzione in Italia a cura di Vittorio Stasi, in collaborazione con IMARTS). Una performance vertiginosa in cui l’artista interagisce con gli oggetti e con il pubblico: un eclettico acrobata e giocoliere, clown e musicista per uno spettacolo in cui si fondono arti circensi e tecnologia, per regalare emozioni. “Control Freak” (un titolo decisamente ironico, ma anche calzante, che si potrebbe tradurre come “maniaco del controllo”, ad indicare il disperato tentativo del protagonista di gestire tutto ciò che lo circonda) per uno spettacolo che mescola teatro, danza e musica, video ed effetti speciali, tra oggetti volanti, esercizi di equilibrio ed acrobazie e «dove ogni errore diventa meraviglia». Il palco si anima e si trasforma in un paesaggio incantato, l’artista suona e compone… nell’aria, mentre le palline da giocoliere diventano strumenti musicali, una giacca si rivela una console luminosa e le corde di una chitarra controllano lo schermo, la musica e le luci del palco… «immaginate cosa succede con un classico dei Red Hot Chili Peppers»… Kulu Orr conduce il pubblico dentro un sogno colorato, in «un mondo dove Bach incontra Nina Simone, i Beatles danzano con la tecnologia, e tutto prende vita: “Control Freak” è un inno all’ingegno, alla fragilità e al potere del gioco». Un’esperienza indimenticabile.

Un avvincente racconto per quadri – domenica 1 marzo alle 21 – con “The Man”, uno spettacolo liberamente ispirato a “La Passione di Cristo” di Mel Gibson, con coreografie di Cristina Ledri e Cristiano Fagioli (che firma anche la regia), con sette danzatori in scena e la voce narrante di Paolo Valerio, scenografia video di Gianluca Magnoni, disegno luci di Cristiano Fagioli e costumi di Cristina Ledri, musiche di autori vari, produzione RBR Dance Company / gli Illusionisti della Danza. Un’opera multimediale, che sulla falsariga del pluripremiato (e controverso) film, racconta «la storia di un uomo e del suo tormento, del suo sacrificio come manifestazione di amore infinito, eroico e tenace»: le suggestive geometrie di corpi in movimento evocano ed amplificano le emozioni, mettono in risalto il pathos di una vicenda densa di significati simbolici e riferimenti culturali. “The Man” narra gli ultimi giorni della vita terrena di Gesù di Nazareth, restituendo i momenti più drammatici e cruciali e trasportando sulla scena il profondo significato, religioso ed umano, del messaggio evangelico di fratellanza, per «una riflessione sull’eterna lotta tra bene e male e sull’immenso potere dell’amore e del perdono». Ne “La Passione di Cristo”, Mel Gibson intreccia il racconto dei Vangeli alle visioni di Anna Katharina Emmerick, una mistica tedesca vissuta tra il 1774 e il 1824, autrice de “La dolorosa passione del Nostro Signore Gesù Cristo”, attingendo anche alla “Mistica Città di Dio” di María di Ágreda ed al “Poema dell’Uomo Dio” di Maria Valtorta. “The Man” rievoca una storia emblematica, non solo la cronaca di un martirio, che evidenzia la crudeltà di carnefici e aguzzini, ma anche una potente testimonianza di fede, attraverso la generosità di un sacrificio e la speranza di una resurrezione (o redenzione) finale.

Nella Giornata Internazionale della Donna – domenica 8 marzo alle 21 – “Ribelle / Storie di una notte cambiata”, la pièce dedicata alla scrittrice Michela Murgia e liberamente ispirata alle “Storie della buonanotte per bambine ribelli” di Francesca Cavallo ed Elena Favilli (da un’idea di Paola Zoroddu), con drammaturgia e regia di Maurizio Giordo, offre preziosi spunti di riflessione sulla condizione femminile, sul desiderio di emancipazione ma anche sulla volontà di porre fine alla violenza di genere. Una narrazione corale a più voci per rappresentare le molteplici sfaccettature dell’universo femminile, tra canti e racconti, con ricerca musicale e direzione cori di Sara Ledda, scenografie di Cassetto 108 di Manuel Attanasio, Marco Velli e Maurizio Giordo, disegno luci di Antonio Loriga e Maurizio Giordo e sound design di Marco Chirigoni e Maurizio Giordo, assistente alla drammaturgia Stefania Biddau, Voice Off di Maria Ledda, produzione Gurdulù Teatro. Una galleria di ritratti al femminile, un’antologia di racconti che tracciano un ideale cammino verso la parità, tra il superamento dei modelli e dei pregiudizi della tradizione patriarcale ed il riconoscimento dell’intelligenza e dei talenti delle donne, sull’esempio di antiche e moderne eroine – da Malala Yousafzai (attivista e blogger pakistana, Premio Nobel per la Pace 2014) alla danzatrice e coreografa Alicia Alonso, accanto a scrittrici come Jane Austen e J. K. Rowling, la scienziata Rita Levi Montalcini, la pittrice Frida Kahlo, la stilista Coco Chanel, e ancora Ipazia, Rosa Parks, Nina Simone, Maria Callas, Nellie Bly e tutte le altre donne che hanno contribuito a scrivere la storia ed a cambiare il mondo.

Un capolavoro della storia della danza – giovedì 19 marzo alle 21 – con “Coppelia” del Balletto di Roma – Junior Company (con la direzione artistica di Francesca Magnini e la direzione di Luciano Carratoni), con coreografia e regia di Fabrizio Monteverde e musiche di Léo Delibes, costumi di Santi Rinciari e disegno luci di Emanuele De Maria: in scena quattordici giovani interpreti per una rilettura in chiave contemporanea, «in un contesto giovanile, quasi adolescenziale», in cui l’amore autentico si contrappone al mondo delle apparenze. “Coppélia, ou La fille aux yeux d’émail” (Coppélia, o La ragazza dagli occhi di smalto), da un racconto di ETA Hoffmann, narra le avventure di una bambola meccanica: la coreografia originale di Arthur Saint-Léon si distacca dalla tradizione dei balletti romantici, inserendo una vivace pantomima, per trasformare la favola nera in una storia a lieto fine. Nella versione di Fabrizio Monteverde affiora l’inquietudine presente in “Der Sandmann” (L’uomo della sabbia) di Hoffmann: «C’è un angolo della mente – afferma il coreografo – che non riesce a razionalizzare la paura del diverso e di ciò che non conosciamo, mettendo in evidenza tutte le nostre paure, anche le più infantili. Il terrore di rimanere soli fa compiere tortuosi percorsi come in un racconto dell’orrore. “Coppelia” non è altro che il punto di partenza per un viaggio che ha come meta la ricerca dell’altro, ovvero, l’Amore». La creazione di Monteverde mette in risalto la forza salvifica di un sentimento puro, che sconfigge le angosce e fuga le ombre, capace di dare un senso all’esistenza: «la ricerca disperata di voler donare la vita – sostiene il coreografo – è semplicemente la necessità di amare».

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Viaggio tra parole e note – domenica 29 marzo alle 21 – con “Fra’ / San Francesco, la superstar del medioevo”, uno spettacolo di e con Giovanni Scifoni, per un inedito ritratto del Poverello di Assisi, con musiche originali di Luciano Di Giandomenico, eseguite da Luciano Di Giandomenico, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli (strumenti antichi), per la regia di Francesco Ferdinando Brandi, co-produzione Teatro Carcano – Mismaonda – Viola Produzioni. «Se chiedo ad un ateo anticlericale “dimmi un santo che ti piace” lui dirà: Francesco» – afferma Giovanni Scifoni, che si interroga sulla fama planetaria di un monaco del XIII secolo, e sulla sua capacità di imporsi nell’immaginario collettivo, sfidando i secoli. La risposta è che Francesco, mistico e poeta, «era un artista, forse il più grande della storia» – sottolinea Scifoni –. «Le sue prediche erano capolavori folli e visionari. Erano performance di teatro contemporaneo. Giocava con gli elementi della natura, improvvisava in francese, citando a memoria brani dalle chanson de geste, stravolgendone il senso, utilizzava il corpo, il nudo, perfino la propria malattia, il dolore fisico e il mutismo». Il monologo ripercorre «la vita del poverello di Assisi e il suo sforzo ossessivo di raccontare il mistero di Dio in ogni forma… dalla predica ai porci fino alla composizione del Cantico delle Creature, dove Francesco canta la bellezza di frate sole dal buio della sua cella, cieco e devastato dalla malattia. Nessuno nella storia ha raccontato Dio con tanta geniale creatività».

Omaggio a Domenico Modugno – giovedì 9 aprile alle 21 – con “Nel Blu / avere tra le braccia tanta felicità”, uno spettacolo di e con Mario Perrotta, in scena con Vanni Crociani (pianoforte), Massimo Marches (chitarra) e Giuseppe Franchellucci (violoncello), con la collaborazione alla regia di Paola Roscioli (produzione Permar Compagnia Mario Perrotta e Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale). Sulle note di canzoni indimenticabili, tenere, ironiche e poetiche Mario Perrotta racconta la storia dell’artista pugliese che ha saputo racchiudere in una melodia un sogno di felicità: «un uomo di una terra dimenticata da Dio – quella Puglia che sarebbe rimasta alla periferia del regno ancora per decenni… – che parte all’avventura per “fare l’attore” e si ritrova, dopo pochi anni, a insegnare a tutto il mondo a “volare”; apre la bocca e trascina via con un urlo irrefrenabile ogni residuo fosco del dopoguerra». “Nel Blu” rappresenta così un ritratto di uno straordinario artista, dotato di grande carisma, talento e passione, la cui fama ha varcato l’oceano: «Io voglio cantare la felicità – affermava Domenico Modugno –. Anche se non esiste, mi voglio illudere che esista, devo credere che esista». Un’antologia di brani celebri e altri meno noti, riarrangiati ed eseguiti dal vivo dai tre musicisti, fa da colonna sonora al «racconto di un’esistenza guascona e testarda», in cui Mario Perrotta rievoca la figura del grande cantautore pugliese, tra i difficili esordi e il successo internazionale, cercando di restituire la profonda umanità e la sensibilità di uno dei padri della musica leggera, ambasciatore dell’Italia nel mondo.

Storia di un’amicizia – domenica 17 maggio alle 21 – con “Le Nostre Donne” di Eric Assous con Luca Bizzarri, Enzo Paci ed Antonio Zavatteri, per la regia di Alberto Giusta, co-produzione CMC/Nidodiragno e Teatro Stabile di Verona: una commedia brillante incentrata sul legame di solidarietà e fratellanza fra tre uomini, che si trovano improvvisamente ad affrontare un dilemma morale. Max, Paul e Simon si frequentano assiduamente e sono amici da trent’anni, condividono riti ed abitudini, compresa la solita partita a poker e si fidano l’uno dell’altro; tuttavia il loro successo nella vita professionale non basta a cancellare le inquietudini né tanto meno a garantire la felicità nella vita privata. “Le Nostre Donne” indaga proprio nella sfera dei sentimenti, portando alla luce fragilità e incomprensioni, delusioni e fallimenti, mentre le figure femminili, assenti sulla scena, diventano protagoniste nei pensieri e nelle parole dei tre amici. La pièce si interroga sui confini dell’amicizia, su quanto quel rapporto fatto di spontanea simpatia e complicità maschile possa influenzare le scelte ed i comportamenti, su quali responsabilità e impegni comporti, nei momenti cruciali. “Le Nostre Donne” (interpretata con successo al Theatre de Paris da Jean Reno e Daniel Auteuil con Richard Berry, che firma anche la regia dell’omonimo film) è una commedia divertente, raffinata e dissacrante, leggera e spietata al tempo stesso, dal ritmo inarrestabile e ricca di colpi di scena e ribaltamenti di ruolo, incentrata proprio su quelle creature enigmatiche, con i loro desideri segreti e le loro complicate esigenze, la loro sensibilità e la loro inattesa durezza, difficili da comprendere, comunque «amate, odiate, rimpiante» e costantemente evocate nei discorsi dei loro uomini in crisi.

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