Non ci sono spiragli di miglioramento per l’industria nazionale, tantomeno per quella sarda; per le fabbriche
di Portovesme a parte il “momentaneo salvataggio” dell’Eurallumina non si prevede niente di buono.
Le aspettative conseguenti alle convocazioni dei tavoli istituzionali di settembre e ottobre 2025, per l’indotto
di Portovesme e dell’ex Alcoa sono andate puntualmente deluse.
Il rischio che si corre in particolare per quanto riguarda il rilancio della fabbrica di alluminio primario, è che
l’importante Gruppo Greco, che da mesi si propongono per poter rilevare lo stabilimento dell’ex Alcoa,
abbandonino definitivamente la partita e chi ne pagherebbe le conseguenze saranno ancora una volta tutti
coloro che si sono battuti per dare prospettive di rilancio all’ex Alcoa e che invece, si sono visti presi in giro
da un imprenditore incapace di rispettare le minime aspettative previste. Si è passati da un fantomatico
piano industriale che doveva produrre circa 160.000t/anno di alluminio primario con circa 500 dipendenti, al
sequestro di gran parte dello stabilimento per danni ambientali e appena 60 dipendenti (per giunta coinvolti
in cassa integrazione, in pagamento dopo le feste natalizia a causa dell’inaffidabilità aziendale anche sul
fronte dei rapporti con l’Inps), senza considerare gli oltre 300 lavoratrici e lavoratori ancora in mobilità in
deroga, in attesa perenne di prospettive produttive.
Sideralloys ha di fatto tradito la fiducia e le aspettative di tutti, Lavoratrici e Lavoratori, istituzioni e
organizzazioni sindacali che avevano posto fiducia all’idea di rilancio ipotizzata, l’unica eccezione arriva da
parte di Invitalia; la costola dello Stato, comproprietaria dello stabilimento infatti, continua
irresponsabilmente a sostenere questo fallimento, di cui è corresponsabile. Nonostante le dichiarazioni del
governo, infatti, continua ancora a sostenere la SiderAlloys , rischiando di compromettere la richiesta di
“due diligence” avanzata dai possibili nuovi interlocutori e permettendo in questo modo all’attuale proprietà
di nascondere, la fallimentare gestione di questi lunghissimi e tormentati otto anni.
Emerge sempre più inequivocabilmente, il rischio di avallare la possibilità di fare utili attraverso lo
smantellamento dei diversi reparti, ad eccezione della fonderia. L’attuale proprietà Indirizza il futuro
produttivo della fabbrica sul riciclo di alluminio, con tutti i rischi ambientali conseguenti, che i
metalmeccanici hanno già vissuto per un breve periodo con la ex Ila e rifiutano categoricamente che si
possa ripetere una strada simile.
Non sarà un bel Natale per gli appalti della Portovesme, dell’Enel per i tanti in cassa integrazione e mobilità,
per la precarietà che vivono i pochi che ancora lavorano, ma non c’è nessuna volontà di arrendersi!
È il momento di dire basta, la regione Sardegna batta un colpo per far capire quale posizione ha in merito,
dal momento che non abbiamo mai sentito un pronunciamento ufficiale.
Il governo con il ministro Urso in primis, non ripeta quanto avvenuto con la Glencore, con le roboanti
annunciate promesse alternative a sostegno della strategicitá, finite poi per defilarsi senza grosse
spiegazioni. Chiediamo che all’inizio del nuovo anno il governo convochi il tavolo per rilanciare davvero la
filiera di alluminio, partendo dall’alluminio primario dell’ ex Alcoa, tenendo conto gli aspetti inderogabili
evidenziati negli anni: il primo è la dimostrata incapacità di SiderAlloys; il secondo, assegnare con la dovuta
urgenza lo stabilimento ai nuovi possibili interlocutori, dando prospettive ad un territorio logorato da
vertenze infinite, affermano le organizzazioni sindacali.




















