Il Tribunale di Terni ha pronunciato una sentenza che chiude un capitolo giudiziario molto dibattuto relativo alle esenzioni dall’obbligo vaccinale anti‑Covid rilasciate nel 2021.
Nei giorni scorsi il giudice monocratico Francesco Maria Vincenzoni ha assolto una dottoressa di medicina generale della Usl Umbria 2 e undici suoi pazienti dall’accusa di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, in relazione alla certificazione di motivi che avrebbero dovuto esentare i pazienti dalla vaccinazione contro la COVID‑19.
Le contestazioni dell’accusa Secondo la ricostruzione della Procura, a seguito delle indagini condotte dal Nucleo Anti Sofisticazioni e Sanità (NAS) di Perugia, la dottoressa avrebbe attestato, in alcuni certificati, la presunta sussistenza di condizioni cliniche ostative alla vaccinazione che in realtà non sussistevano o non erano adeguatamente documentate. Tali certificati avevano poi consentito a undici assistiti — contrari alla vaccinazione — di evitare l’inoculazione del vaccino anti‑Covid.
L’ipotesi di reato era quella di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, un capo d’accusa grave che presuppone — secondo il codice penale — la falsificazione di atti destinati a provare la verità di fatti rilevanti per la Pubblica Amministrazione. La sentenza: “il fatto non è previsto dalla legge come reato” Il Tribunale ha però assolto tutti gli imputati con la formula “il fatto non è previsto dalla legge come reato”. In pratica, secondo il giudice, i comportamenti contestati non integrano una fattispecie penalmente sanzionata secondo la normativa vigente al tempo dei fatti.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro i prossimi 90 giorni e potranno offrire ulteriori elementi sulle ragioni giuridiche della decisione. Reazioni e contesto La dottoressa coinvolta e gli undici assistiti hanno accolto con soddisfazione la sentenza, così come gli avvocati difensori. I legali, presenti nel corso dell’udienza, sostengono che non vi fosse alcuna volontà dolosa di falsificare atti pubblici, ma piuttosto un’interpretazione clinica delle condizioni dei pazienti sulla base di quadri sanitari particolari.
Questo pronunciamento arriva in un contesto storico ancora segnato da forti tensioni attorno alle misure di salute pubblica adottate durante la pandemia, comprese le politiche di vaccinazione e l’obbligo per determinate categorie. Resta da vedere se la pubblicazione delle motivazioni scritte del Tribunale offrirà spunti interpretativi capaci di influenzare casi simili o eventuali future iniziative giudiziarie.
























