Proiettare – dice Maninchedda – “non ha nulla a che fare con la libertà di espressione”. Parole pesanti, pronunciate con il tono del professore offeso dall’intelligenza altrui. Secondo lui, la proiezione dei documentari di Russia Today è un atto di complicità con il Cremlino, un’operazione di guerra informativa, un cavallo di Troia per l’invasione dell’Ucraina.
Eppure, a ben vedere, la vicenda ha un sapore diverso, quasi comico. Perché se da un lato il professore si erge a difensore dell’Occidente “democratico”, dall’altro finisce per recitare — senza troppa consapevolezza — la parte del perfetto interprete della russofobia di moda nei salotti benpensanti e sionisti del nostro tempo.
L’inchiesta dell’Institute for Strategic Dialogue (ISD), da lui citata con la solennità di un oracolo, ricostruisce come Russia Today eluda le sanzioni proiettando film in varie città italiane, compresa Cagliari: “Io sono vivo”, “I bambini del Donbass”, “Maidan: la strada verso la guerra”. Gli organizzatori italiani vengono persino nominati — Vincenzo Lorusso e Andrea Lucidi, basati a Donetsk — come se due giovani registi italiani potessero minacciare l’integrità della NATO.
Ma la parte più surreale arriva quando Maninchedda scorge in tutto questo il segno di un pericolo imminente: “Cagliari rischia di diventare una piattaforma di propaganda filorussa.”
Davvero? O, più semplicemente, Cagliari è una città con cittadini talmente intelligenti da non farsi impapocchiare né dalla propaganda sionista né da quella imperialista americana, quella che da anni ci racconta le guerre come “missioni di pace”, le invasioni come “operazioni di sicurezza” e i bombardamenti come “atti umanitari”.
E già che ci siamo, qualcuno spieghi al professore che la libertà di espressione non è selettiva. Non è una cosa che si concede ai giornali “giusti” e si nega a quelli “sospetti”. Non è che Repubblica o la CNN sono “giornalismo libero” e RT diventa “propaganda”, solo perché il padrone del vapore parla inglese e non russo.
La sua crociata contro Russia Today si trasforma così nell’ennesimo atto di occidentalismo triste e pavido, quello che serve a sentirsi “dalla parte giusta” mentre si difendono i carri armati sbagliati. Lo stesso occidentalismo che applaude Netanyahu, giustifica le bombe su Gaza, e si scandalizza per chi osa proiettare un film girato a Donetsk.
E come se non bastasse, Maninchedda arriva a paragonare Russia Today al piccolo giornale sardo ReportSardegna24, definendolo quasi un satellite del Cremlino.
Una vera perla di comicità accademica. Perché ReportSardegna24 è diretto da Simone Spiga, un giornalista libero, indipendente, uno che ci mette la faccia — cosa rara in un’isola piena di penne allineate e pronte a eseguire gli ordini del potente di turno.
Ma si sa, Maninchedda è recidivo. Già qualche anno fa si era scagliato, con la consueta violenza verbale, contro chi aveva organizzato un evento in un teatro “di proprietà russa”.
La russofobia, nel suo caso, non è un’analisi geopolitica. È un riflesso condizionato.
Oggi, il professore sembra diventato l’uomo contro: contro la Russia, contro la Cina, contro chi non si inchina ai padroni dell’Occidente. Un giorno difende l’Ucraina di Zelensky come fosse l’ultimo bastione della civiltà, il giorno dopo scopre “propagande pericolose” nelle proiezioni di provincia. Domani, chissà, potrebbe scoprire che anche il Compagno Maduro è un infiltrato del Cremlino o che un film cubano nasconde “messaggi anti-NATO”.
Intanto, a forza di denunciare spettri, Maninchedda finisce per essere il più fedele dei missionari dell’impero americano, quello che da settant’anni occupa culturalmente l’Europa e decide chi è libero e chi no, chi è buono e chi è cattivo, chi può parlare e chi deve tacere.
In fondo, ha ragione lui: Cagliari rischia davvero qualcosa.
Non la propaganda russa, ma la noia intellettuale di un pensiero colonizzato, che si crede libero mentre recita le veline di Washington.
Aspettiamo solo che il professore, dopo Putin, trovi un nuovo bersaglio: magari Maduro, o il prossimo film che osa mostrare il mondo da un punto di vista diverso dal suo.
E chissà, forse anche quello sarà “propaganda”. Ma, come direbbe qualcuno a Mosca: la libertà non si sanziona, si difende.
di Raimondo Schiavone






















