A Cagliari nelle ultime settimane la piazza ha fatto sentire con forza la propria voce contro la guerra e contro il commercio di armi che, passando dalla Sardegna, contribuisce a generare distruzione e morte lontano da qui.
Prima al Porto Canale, davanti alla nave Bahri Tabuk pronta a imbarcare ordigni prodotti dalla RWM di Domusnovas e diretti in Arabia Saudita, un gruppo di attivisti ha dato vita a un presidio pacifico con lo scopo di documentare, denunciare e ribadire il proprio rifiuto verso un traffico che non può essere ignorato. Poi, nel cuore della città, un corteo di cinquemila persone ha attraversato le vie principali al grido di “Stop al genocidio” e “Siamo tutti Palestinesi”, portando nel centro urbano un fiume umano di solidarietà e indignazione.
Colpiva in particolare la presenza di tantissimi giovani, segno che la questione palestinese continua a mobilitare le nuove generazioni e che la sensibilità verso i diritti umani non si spegne, ma trova nuove forme di partecipazione.
Gli organizzatori hanno richiamato l’articolo 11 della Costituzione, che sancisce il ripudio della guerra, denunciando la contraddizione di un’Italia che continua a esportare armamenti e di una Sardegna che, pur godendo dello statuto speciale, resta gravata da servitù militari, esercitazioni e basi aeree che segnano il territorio e la vita delle comunità. Le bombe prodotte dalla fabbrica di Domusnovas non colpiscono soltanto in Yemen ma anche in Palestina, contribuendo a massacri di civili inermi e a un ciclo di violenza che sembra non avere fine. Da qui l’appello alle istituzioni regionali perché non concedano l’autorizzazione all’ampliamento dello stabilimento, un passaggio decisivo che dipende direttamente dalla politica isolana.
Per questo, dopo l’assemblea che si è svolta nella sede della Confederazione Sindacale Sarda, è stata annunciata una nuova mobilitazione per il 17 ottobre, davanti alla sede della Regione Sardegna in via Roma. Sarà un sit-in che vuole raccogliere tutte le energie presenti nelle manifestazioni precedenti, a Domusnovas come a Cagliari, e ribadire con chiarezza un messaggio: la Sardegna non può essere complice di guerre e genocidi, non può trasformarsi in retrovia silenziosa di conflitti che seminano devastazione in Medio Oriente e altrove.
Gli attivisti richiamano il carattere degli avi sardi, capaci di resistere e difendere la propria dignità, e invitano a dare forza a un impegno collettivo che non è soltanto protesta ma affermazione di una scelta di civiltà. “Mirade chi sas aeras minetana temporale” diventa così il filo conduttore di un’iniziativa che vuole unire memoria, coraggio e visione, con la convinzione che la pace, frutto della giustizia, sia non solo possibile ma necessaria.
























