La missione resta la stessa, “sviluppare le nostre inchieste sempre dalla parte dei cittadini, sul territorio: abbiamo 21 inviati che da quindici giorni battono l’Italia nelle zone dimenticate, documentando problemi concreti.
Non ci interessano le parole, le discussioni, i ragionamenti: vogliamo far vedere pezzi del nostro Paese”. Mario Giordano torna al timone di Fuori dal Coro, che per l’ottava edizione trasloca dal mercoledì alla domenica su Rete4, dal 7 settembre in prime time. “Non è una collocazione facile, c’è il calcio, la fiction – ammette il giornalista – ma il programma è nato per affrontare le sfide: l’importante è rimanere se stessi. Si cambia giorno ma siamo sempre noi”.
In primo piano un grande classico di Fuori dal Coro, le occupazioni abusive: “Abbiamo liberato finora 224 case, anzi in apertura della prima puntata arriviamo a 226, aggiungendo altri due casi risolti grazie al nostro intervento. Un fronte – promette Giordano – sul quale intendiamo andare avanti: nonostante le nuove norme del decreto sicurezza, il riconoscimento del diritto alla proprietà privata resta un tema gigantesco, che spesso non viene raccontato”. Spazio anche “alle questioni della sanità e delle liste d’attesa, altro problema sul quale ci arrivano tante segnalazioni. Ho trascorso buona parte dell’estate in giro per l’Italia con le presentazioni del mio libro Dynasty (sottotitolo: Dagli Agnelli ai Del Vecchio, dai Benetton ai De Benedetti, il crollo delle dinastie dei potenti, edito da Rizzoli, ndr) e mi sono confrontato con tantissime persone che ci seguono”. Un “rapporto diretto con i cittadini” che è “insieme una speranza, un impegno e una responsabilità: dietro il muro della burocrazia, provare a dare delle risposte dà un senso alla trasmissione, che è un po’ un pronto intervento per le persone in difficoltà”, sottolinea Giordano. Anche in studio “abbiamo ridotto moltissimo il talk, il bla bla della politica, per fare spazio a cittadini coinvolti nelle esperienze che documentiamo, testimoni che abbiano qualcosa da raccontare”.
Tra i temi della prima puntata, “anche la sicurezza: due nostre troupe sono state aggredite, una al Quarticciolo (nella periferia orientale di Roma, ndr), l’altra a Ivrea. E poi proporremo inchieste sui permessi di soggiorno falsi e sugli ‘spioni’, dimostrando come è facile essere spiati nelle nostre case, negli studi medici, dall’estetista… e i dati vengono messi poi in pubblica piazza da chi ci guadagna”.
A fronte delle denunce, “le istituzioni sono molto lente, ma questo non ci deve scoraggiare, bisogna mantenere sempre alta l’attenzione: mi basta leggere un messaggio che ho qui, davanti a me, di una persona alla quale due anni fa abbiamo liberato la casa e che si dice ‘grata in eterno’, o sapere che un bambino malato ha ottenuto una visita medica che aspettava da mesi, per aver voglia di andare ancora avanti”.
Fuori dal Coro ha fatto discutere per gli sfoghi accalorati e le arringhe in favore di telecamera di Giordano, ma anche per le prese di posizione controverse – anche da parte degli ospiti – su temi come l’immigrazione o i vaccini: “Come dico sempre – replica il conduttore – chi non urla è complice: anzi, quando vado in giro per la strada mi chiedono di urlare ancora più forte. Qualcuno ci definisce populisti? Se essere populisti vuol dire che prelidigiamo i problemi della gente, chiamateci pure così. I temi che affrontiamo non sono né di destra né di sinistra, ma di tutti: invito a guardare il programma, facciamo le pulci a giunte di destra e di sinistra…”. Cinquantanove anni, una carriera tra la carta stampata – dal Giornale a Libero alla Verità – e il piccolo schermo, già direttore di Studio Aperto e del Tg4, Giordano non si sottrae a un ricordo di Emilio Fede, da poco scomparso: “Mi piace ricordare il Fede delle inchieste della Rai, che ha insegnato a generazioni le tecniche televisive. In questo senso abbiamo imparato tutti un po’ da lui: chi è passato dalla sua scuola, sa che cos’è la tv”.























