“Costretti a indossare divise invernali, in ambienti senza climatizzazione o con impianti inadeguati, persino redarguiti se sorpresi a bere un bicchiere d’acqua: succede a tantissimi lavoratori del terziario, dove le segnalazioni sono ormai all’ordine del giorno”.
Lo denuncia la Cgil sarda.
“In alcuni luoghi di lavoro – denuncia la segretaria della Filcams Cgil Sardegna Nella Milazzo – si nega il minimo già previsto da norme scritte in tempi in cui non si arrivava a queste temperature, vanno fatte valere quelle e altre devono essere scritte perché se clima è cambiato occorre ripensare anche ambienti e organizzazione del lavoro”.
I casi emblematici da Nord a Sud della Sardegna sarebbero, secondo il sindacato, molteplici: “Ci sono anche situazioni al limite della disumanità, con datori di lavoro che richiamano i dipendenti perché interrompono l’attività per il tempo di bere un sorso d’acqua – racconta ancora – e tutto questo accade nonostante in caso di temperature elevate il datore di lavoro abbia diversi obblighi, ad esempio la fornitura di acqua, divise fresche e, se necessario, pause aggiuntive”.
Secondo la Filcams Cgil Sardegna “sono importanti le risposte arrivate dalla Regione dopo le sollecitazioni dei sindacati, ma non bastano, ci vuole un impegno straordinario: Occorre intanto vigilare affinché le norme siano rispettate, perché se è vero che il Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro indica precisi obblighi, poi questi non sono rispettati”.
Per la Filcams Cgil occorre inoltre ripensare l’organizzazione del lavoro, “rimodulando orari, norme, pause, perché il cambiamento climatico non sia l’ennesima causa non governata delle morti e degli incidenti sul lavoro che si stanno purtroppo moltiplicando, anche per il caldo”.






















